Il Coaching non è basato sulla trasformazione personale, bensì su un cambiamento creativo e generativo. Scopriamo insieme perché partendo dalle radici storiche del metodo.
Il rischio di questa ennesima trovata pseudo-innovativa, fondata sulla Coaching Trasformazione, è semplice: imbastardire ancora di più quello che l’industrializzazione del Coaching ha già prodotto negli ultimi dieci anni, ovvero, un’estrema Coaching Confusione agita deliberatamente per ammaliare ignari Clienti.
La Coaching Trasformazione è una inutile Manipolazione
Il Coaching (quello vero) di certo non va confuso con l’approccio motivazionale, con la PNL, con le passeggiate sui carboni ardenti e nemmeno con “strani meccanismi fai-da-te” adattati o mascherati sapientemente da qualche pseudo-formatore cresciuto a colpi di Mythoself, PNL e generici corsi di crescita personale.
Leggi, studia e approfondisci da altri post:
▷ Coaching Confusione (…o formatori di Coaching Confusi?)
▷ Il Coraggio di Cambiare con il Coaching
▷ Un sistema di Coaching innovativo
▷ Certificazioni di Coaching, attestati e diplomi professionali
▷ Modelli di Coaching fai da te: no grazie!
Il Coaching si basa sul cambiamento… e su questo non ci sono dubbi.
E tanto per continuare a dare soddisfazione a tutte le persone che studiano e approfondiscono il buon Coaching leggendo i miei articoli, partiamo dal comprendere che non esiste un assioma che definisce il cambiamento come un’attività orientata ai balli, ai canti, alla motivazione o alla PNL (chi lo sostiene furbescamente lo fa solo per attirare l’attenzione e iscrivere Clienti a fantomatici corsi pseudo-innovativi).
E ancora… canti, balli e prove di coraggio (stile Anthony Robbins, per intenderci) partono da presupposti culturali distanti, completamente diversi dal Coaching professionale e quindi non possono essere un argomento da trattare per sostenere la logica opportunista della Coaching Trasformazione.
Eppure, cambiare, evolversi, modificare il proprio modo di essere e di fare, è una necessità richiesta da tante persone. E la domanda più giusta per stimolare una risposta corretta è: rispetto a cosa dobbiamo cambiare? Da cosa a cosa è utile cambiare?
Quando parliamo degli effetti del Coaching, ci dobbiamo riferire al sostegno creativo orientato al cambiamento, partendo dal semplice presupposto che un miglioramento è un cambiamento (e non una trasformazione).
L’obiettivo di un Coach, infatti, è di accompagnare il Cliente verso ciò che desidera all’interno di una logica priva di giudizi o prescrizioni. L’attività è caratterizzata da un fondamento: individuare, valorizzare e allenare il potenziale inespresso partendo dalla prestazione personale.
Il Coaching è orientato al fare, non al trasformare
Il movimento, lo spostamento, la co-produzione di obiettivi all’interno di piani d’azione concreti, alimentano il “concetto di performace” che, attraverso una nuova consapevolezza e responsabilità, permette un più accurato utilizzo delle risorse inespresse.
Una performance, quindi, non si genera, ma si migliora; si perfeziona attraverso l’allenamento e, anche se sono passati più di trenta anni, il lavoro promosso da Gallwey sulle interferenze per liberare il potenziale mi sembra ancora un ottimo modo di concepire un Coaching di ultima generazione.
Insomma, tutto il processo di Coaching deve essere visto come un laboratorio in cui il Coach assiste il Cliente e lo accompagna nella creazione di nuove esperienze, nuove chiavi di lettura di se stesso e del contesto, agevolando l’espressione di risorse e potenzialità sopite o inespresse.
Quindi… Si tratta di un vero cambiamento che passa attraverso l’arricchimento, il rispetto dell’unicità dell’individuo; una “logica addizionale” che poco ha a che fare con le “configurazioni”, i “meccanismi”, le “sostituzioni” e la Coaching Trasformazione (del Cliente o del Coach).
John Whitmore a proposito del buon Coaching e del buon cambiamento sosteneva: se non cambi rotta, rischi di andare esattamente dove sei diretto!
Per chiarire ancora di più alcuni passaggi chiave sul buon Coaching professionale, vi propongo alcune importanti considerazioni utili a ripristinare l’impegno del Coach verso il proprio (e l’altrui) cambiamento.
Creare consapevolezza e responsabilità è l’essenza di un buon Coaching (Jhon Whitmore)
Un buon Coaching s’identifica con un processo volto a sviluppare consapevolezza e responsabilità utile a rafforzarne l’autonomia progettuale e operativa. Si tratta in poche parole del principio enunciato nel “Conosci te stesso” di chiara origine socratica, la cui applicazione permette all’individuo di esplorare aspetti sconosciuti di sé e della realtà in cui si versa, al fine di effettuare autonome scelte. Acquisire consapevolezza attraverso il Coaching consente di “scegliere”, di “decidere”, orientando le proprie azioni verso il futuro desiderato. Dalla consapevolezza di sé (stimolata da un’efficace azione maieutica operata dal Coach), deriva la responsabilità delle scelte effettuate dalla persona, intesa come la capacità di mantenere gli impegni presi.
La carota e il bastone sono motivatori pervasivi e persuasivi. Ma se si trattano le persone come asini, allora loro si comporteranno da asini. (Jhon Whitmore)
La motivazione è l’insieme dei motivi che spingono un individuo ad agire. Nel Coaching si affronta il tema della motivazione intrinseca, un processo idoneo ad attivare e orientare il miglioramento e la condotta umana. Il metodo del “bastone e della carota”, tipico della cosiddetta motivazione estrinseca (indotta dall’esterno anche con canti, balli, eventi spettacolari e prove di coraggio), è effimero poiché parte dall’assunto errato per cui una persona sarebbe indotta ad agire sulla base di una prescrizione (il bastone) o di un premio (la carota). I processi motivazionali, invero, sono innescati dall’autonomia, da ciò che l’individuo desidera ardentemente, da ciò che vuole fare al fine di soddisfare un personale bisogno. In tale situazione, assumono importanza i concetti di gratificazione, autonomia, padronanza delle azioni e scopo personale cui voler tendere.
Il Coaching si focalizza sulle possibilità future e non sugli errori del passato. (Jhon Whitmore)
Il Coaching è una competenza di tipo processuale rivolta alla costruzione e al raggiungimento del futuro desiderato. Esso non fa riferimento ai deficit, alle parti problematiche o agli errori del passato, ma è rivolto al massimo sviluppo delle potenzialità al fine di raggiungere obiettivi collocati nel futuro. Obiettivi e azioni sono costruiti nel rispetto della logica del potenziale e del fine ultimo cui il Coaching tende: felicità e benessere personale. Il Coaching non induce a ricercare le motivazioni che hanno determinato scelte sbagliate in passato, ma a costruire obiettivi ben confezionati e a strutturare piani d’azione coerenti al fine di conseguirli, affidandosi al potenziale e ai veri desideri della persona.
Coaching Trasformazione: chi, come, quando e perché…
Non commetterò l’errore di parlar male di qualcuno (un fatto diventato molto comune in questo mondo pieno d’incoerenze). Al contrario nutro per ogni tipo di attività formativa il massimo rispetto fin tanto si rimanga in un confronto culturale onesto, costruttivo e produttivo, meno avido di iscrizioni e più attento alla diffusione di una corretta cultura di Coaching.