Ti trovi nella Coaching Confusione? Oppure sei vittima della confusione dei “formatori confusi” e dei metodi di Coaching strampalati?
La Coaching Confusione non è altro che il tentativo di generare una distorsione nell’offerta del servizio di Coaching e nella formazione dei Coach.
Per quale motivo?
- Per proteggere il proprio business (o per farlo prosperare);
- Perché non si conosce il Coaching (quello vero) e si specula sull’appeal che genera la parola Coaching negli ultimi anni;
- Perché si è dei veri e propri mascalzoni senza scrupoli.
Un esempio concreto?
Pensate un po’… opero nel settore del Coaching dalla fine degli anni ’90, mi sono formato con i migliori al mondo (John Whitmore, Timothy Gallwey, Daniel Goleman, Martin Seligman tanto per citarne qualcuno) e parlo di confusione in questo settore da sempre. Eppure nei confronti di questo post (pubblicato in tempi non sospetti e certamente prima di ogni altra pubblicazione simile), si è arrivati ad additarne il plagio. Sto parlando della illazioni di un piccolo formatore sconosciuto ai più (e dei suoi degni “compari di merenda”), formatosi a colpi di Mythoself e di pratiche Shiatsu, che un bel giorno (inspiegabilmente) si è sentito copiato. Eviterò ovviamente di menzionare il nome dell’indegno personaggio, ma vi basterà scrivere “Coaching Confusione” sul motore di ricerca per individuarlo.
Amici interessati al vero Coaching… questo tizio parla di “Coaching Confusione”, ma è il primo a scrivere delle sciocchezze incredibili sul metodo. Si eleva a paladino del settore, ma la sua fama negli ambienti professionali lo anticipa un bel po’. Insomma, parla di legge 4/2013 inserendo addirittura il logo del MISE (e non gestisce un Corso Riconosciuto da una Associazione di Categoria Nazionale rischiando una denuncia all’Antitrust), parla di “configurazione” e “trasformazione” (e il Coaching si basa sul cambiamento evolutivo e generativo), lamenta di essere copiato (e il suo sito è una fucina di pezzi assemblati, copiati e rielaborati). Le sue pagine web e social sono dense di concetti strampalati (principalmente ispirati dal Mythoself di J. Riggio – un formatore quasi sconosciuto in Italia), parla di metodi originali, di configurazioni somatiche (che nulla hanno a che fare con il Coaching professionale) e il suo “sport preferito” è parlar male degli altri per avvantaggiare se stesso (insomma un vero e proprio bimbominkia del Coaching). Per farti un’idea concreta del personaggio leggi il commento spontaneo di Rossana scorrendo in basso sotto il post.
In questo sito non ho mai polemizzato e se questa volta ho fatto un pò di precisazioni è solo perché il post parla di Coaching Confusione e mi è sembrato opportuno porgere al lettore un esempio concreto.
Ma torniamo al tema della Coaching Confusione…
Quali sono le radici della Coaching Confusione
Nella Scuola di Coaching, durante le ore di lezione, capita spesso che qualcuno faccia la seguente domanda: quanti tipi di Coaching esistono?
La mia risposta è sempre la stessa: non esistono “tipi di Coaching”, ma formatori che interpretano in modo diverso la parola “Coaching”. E’ una questione di metodo prim’ancora che di approccio, di strumenti e di tecniche; si tratta di esperienze, di convinzioni personali, o meglio di “radici formative”. Quali sono le conseguenze? In qualche occasione il Coaching diventa efficace, atre volte un’opportunità di sviluppo, altre volte ancora, delle contraffazioni opportunistiche.
Eh già, è proprio così… Il fatto è che sotto il termine “approccio” si celano tante trappole: c’è il Coaching trasformista, quello basato sulle tecniche strampalate (rielaborate o mal copiate), c’è il Coaching “secondo me…“, il Coaching delle “configurazioni“, delle “re-istallarti nello stato di prontezza” e quello che “agisce senza accorgersene” permettendoti di avere uno strumento “somaticamente accessibile e utilizzabile in qualsiasi contesto”.
Per capire di più la Coaching Confusione, capire meglio quest’articolo e tutti i tentativi di duplicazione contenutistica che trovi sul web è importante approfondire attentamente leggendo preliminarmente questo articolo ► Coaching Contraffazione
Vediamo quali sono le principali distorsioni del settore che “cavalcano” la Coaching Confusione
In primo luogo bisogna premettere che il Coaching è un metodo giovane. E’ stato importato in Italia in veste “corporate” nei primi anni ’80 dalle grandi multinazionali americane e quindi, per questo motivo, è sottoposto costantemente ad adattamenti e revisioni. Può essere considerato un “metodo vivo”, eclettico, creativo che fin dal principio soffre della mancanza di una definizione stabile e una ferma attribuzione culturale. Le infiltrazioni culturali subite negli anni lo rendono un metodo “onnivoro”, in continuo cambiamento. Ci sono, tuttavia delle considerazioni da fare e alcuni consigli dai quali non si può prescindere se si vuole intraprendere un percorso di Coaching personale o iscriversi ad una Scuola di Coaching:
- Evita in maniera categorica modelli di Coaching “fai da te”, i modelli Coaching edulcorati con acronimi, parole strane o prive di significato;
- Scegli percorsi di Coaching che hanno una storia e una tradizione documentata;
- Prendi informazioni sullo staff e l’iter didattico, evitando i “compari” del formatore;
- Metti al primo posto le referenze di chi ha già fatto il Corso e trascura la magnificenza autoriferita del formatore;
- Evita il marketing spregiudicato basato principalmente sull’occasionalità e sullo sconto dell’ultimo minuto.
Insomma, esistono degli elementi, costituenti il metodo del Coaching, ben definiti che vanno oltre la Confusione opportunistica.
Fin dall’inizio il Coaching veniva valutato attraverso risultati concreti, nel raggiungimento di obiettivi sfidanti, all’interno di un quadro caratterizzato da due principi cardine: felicità e benessere personale. In questo quadro, il miglioramento della performance nonchè il miglioramento di se stessi, è sempre stato considerato come un passaggio obbligatorio frutto di una metodologia orientata al potenziale e non al deficit.
Tutto questo, ancora oggi, non è cambiato, anche per continuare ad allontanare in maniera decisa e convincente il Coaching da pratiche orientate al disagio psicologico, dalla crescita personale e dalle logiche basate sulla trasformazione personale (che con il vero Coaching non hanno nulla a che fare).
Chiariamo un primo aspetto: il Coaching è un metodo, non è una tecnica e neanche un “meccanismo innovativo”. Non si basa sullo scoprire “chi sei rimanendo ciò che sei”, è basato, piuttosto, sull’evoluzione personale. Il Coaching non si avvale di tecniche strampalate per “configurare” meglio te stesso e gli altri e non parte dal “deficit” per risolvere problemi.
Per “metodo” s’intendono i concetti e i principi che stanno alla base di un’azione; con il termine “tecnica”, invece, s’intendono semplicemente le modalità operative vere e proprie che si impiegano in un’azione. Per comprendere meglio la distinzione tra i due termini possiamo ragionare su un’altra definizione, secondo la quale il metodo, methodus, dal latino, methòdos (metà = per, dopo, e hòdos = via, cammino), dal greco, significano “successione di strade”, cioè: “l’insieme, la successione dei passaggi che deve fare una persona per arrivare ad un obiettivo”. Il Coaching è una relazione di processo che si avvale di un metodo chiaro, puntualmente replicabile.
Scegliere sin dall’inizio un metodo adatto alla difficoltà da risolvere costituisce, per il Cliente, un mezzo per non procedere per tentativi.
Nel Coaching il metodo si configura come una relazione procedurale e processuale, organizzata, attivata e programmata dal Coach, che facilita l’acquisizione significativa, stabile e fruibile di ciò che egli offre “con” la relazione e “nella” relazione.
Tutto parte da una crisi: la crisi del governo autonomo di sé che compone una chiara e consapevole “domanda di Coaching” (che non può essere anticipata dal Coach).
Il rapporto di Coaching è basato su una proposta complessa di contenuti (nelle quali rientrano anche le tecniche operative), di valori, di strategie e di visioni del mondo. Il compito specifico di un Coach è di creare le condizioni che consentano l’attivazione di operazioni cognitive, emotive ed operative necessarie a ripristinare il governo autonomo di sé. Insomma, un Coach offre un metodo e non tecniche, non offre la propria conoscenza, saggi consigli e, soprattutto, non assicura risultati certi.
Nel Coaching la qualità della relazione segna l’orientamento della partnership tra il Coach e il suo Cliente; la determinazione degli obiettivi, i punti cardinali, la strutturazione del piano d’azione, il percorso per raggiungerli. Consapevolezza, scelta, responsabilità, autonomia e fiducia in se stessi rimangono l’essenza, mentre l’utilizzo delle proprie potenzialità rimane alla base dell’espressione di sé. Il Coach accompagna il Cliente nell’esplorazione di sé, fino ad approdare alle dimensioni dell’”essere”, del “sentire” e soprattutto del “fare”… scelte operative consapevoli e responsabili. Movimento, spostamento, produzione, realizzazione, verso il futuro desiderato, sono attività promosse dell’esperienza di Coaching.
Intendiamoci: come premesso, il Coaching è un metodo in piena fase di sviluppo e quindi, anche questo contenuto, a distanza di pochi mesi, potrebbe cambiare e non essere più lo stesso. Per questo motivo, in ogni nuova versione della Scuola di Coaching c’è un lungo lavoro di verifica e profondo restyling contenutistico, dettato dallo studio, dalla ricerca e, soprattutto, dalla sperimentazione concreta.
Se approfondissimo la ricerca sui Corsi di Coaching in Italia, potremmo notare che esistono tante interpretazioni e tanti abusi. L’offerta formativa ne risente e spesso trascende in pratiche strane, alcune al limite del bizzarro.
Proviamo ad approfondire sulla Coaching Confusione e sui metodi, i sistemi, le soluzioni più efficaci o addirittura disfunzionali.
1. Coaching “da Palcoscenico”
Partiamo dall’affermare che è un approccio molto distante dall’essere efficace. Personalmente non parlerei di Coaching, ma di formazione generica (senza entrare nel merito della qualità). Infatti, è un mix di contenuti spettacolarizzati che generano coinvolgimento, emotività e qualche riflessione sul proprio modo di essere, di fare di iniziare a capire qualcosa di sé. Cerca la massima condivisione su comportamenti generici agendo principalmente sulle insicurezze e le più comuni debolezze umane. Non sfocia mai in un metodo strutturato, comprensibile e soprattutto replicabile da parte di un Coach Professionista (staziona su una logica superficiale e generalista). Attraverso una precisa strategia di propaganda (che sfocia molte volte nel fanatismo e nel proselitismo) propone il miglioramento delle condizioni di vita attraverso testimonials e “modelli vincenti”; con le prove di coraggio e gli slogan di auto-esaltazione, offre un modello formativo semplice e cosiddetto “esperienziale”. E’ il Coaching delle camminate sui carboni ardenti, dei tuffi dal ponte o dal palo più alto. E’ quello che utilizza i canti, i balli, le maratone di New York, per generare “l’esperienza” formativa. E’ il Coaching della “frase fatta potenziante”, del video strappalacrime, del formatore che diventa “personaggio”. Promette “formule magiche che fanno ripartire da zero” per diventare improvvisamente diverso, più bravo e più ricco. Parla di motivazione attraverso slogan ben costruiti, fino ad approdare al più classico (e illusorio): se vuoi, puoi… tutto! Su queste premesse, banalizza i concetti di pensiero positivo e di ottimismo, riducendoli a un “pensa che ce la farai e ce la farai davvero”, senza produrre alcun cambiamento. Insomma è il Coaching di chi ama emulare i formatori americani di vecchio stampo, che in Italia hanno ancora “mercato” e consenso imposti dal “ritardo culturale”.
2. Coaching dei “Padri Fondatori”
E’ il Coaching performativo caratterizzato da una forte impronta umanista. Il presupposto è fondato sul miglioramento della performance, sul raggiungimento di un obiettivo specifico e sulla miglior strategia per raggiungerlo, senza dimenticare il “funzionamento globale dell’essere umano”. E’ caratterizzato dal voler migliorare la prestazione in modo tangibile attraverso un approccio chiaro e replicabile. Utilizzando un sistema processuale garantisce successo, realizzazione, affermazione e trova la sua massima espressione nei popoli di origine anglosassone. Nasce negli anni ’80 e si basa su un modello di Coaching “verificato sul campo” e riconosciuto universalmente. John Whitmore e Tim Gallwey sono i padri e i maggiori esponenti rispettivamente con il modello GROW (e successivamente con il GROW Expanded) e L’Inner Game. E’ un Coaching pragmatico e particolarmente comprensibile, che si articola in un approccio strutturato, lineare e quindi particolarmente efficace. Si basa essenzialmente su un sequenza in cui occorre:
- Definire gli obiettivi;
- Esaminare la realtà;
- Esplorare le opzioni;
- Compiere le azioni necessarie.
Il Coaching dei padri fondatori è considerato da più parti il “Coaching originale” poiché viene insegnato, diffuso e utilizzato da migliaia di Coach in tutto il mondo.
3. Coaching basato sulla “Consulenza Personale”
E’ un Coaching che propone un “allenamento” che punta a esaltare il “diventare” a prescindere dalla coscienza dell’“essere”. Lo stile è direttivo, prescrittivo, spesso autoritario e si basa esclusivamente sul raggiungimento di un “eldorado” fatto di ricchezza, successo, appartenenza, capacità di superare l’ostacolo con la volontà, coraggio e determinazione. Questo tipo di Coaching si basa sul “consiglio dell’esperto” e sulla convinzione di riuscire a governare le interferenze, condurre se stessi e gli altri in qualsiasi direzione, attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze e competenze. Nella relazione di Coaching vengono fatti un largo uso di questionari, test, interviste studiate a tavolino per misurare e rilevare ostacoli ed elementi critici. Questo tipo di approccio sfocia di solito nel “consiglio saggio”, nel marketing, nelle strategie di posizionamento, nel miglior utilizzo della tecnologia per generare il proprio successo (che combacia quasi sempre col possedere di più, fatturare di più, farsi assumere subito, ottenere di più dagli altri, ecc.).
4. Coaching “Umanistico”
Il Coaching Umanistico critica i vari approcci, ma in fin dei conti cerca unicamente di ampliare il lavoro dei padri fondatori basato sul pragmatismo e sul miglioramento della performance. E’ una corrente di pensiero caratterizzata da un modello di Coaching semplice che vede nel dialogo maieutico l’asse portante. E’ fondato sulla centralità della persona, cura le relazioni, l’ambiente, l’essenza stessa della vita, rivendicando in maniera forte l’autonomia, l’unicità della persona e delle sue potenzialità. Attinge a piene mani dalla Psicologia Positiva partendo dalla Psicologia Positiva di M. Seligman. Il fine ultimo di questo approccio è conseguire l’autorealizzazione attraverso l’allenamento delle potenzialità inespresse. Se ben gestito (fatto di non poco conto per un Coach che non sia anche uno psicologo) conduce alla ricerca del significato esistenziale che sorregge il raggiungimento di un obiettivo. Rischia di essere un metodo inconcludente perché subordinato alla “presa di coscienza autonoma del problema” che dovrebbe permettere un lavoro di ristrutturazione emotiva e cognitiva. Se opportunamente miscelato con l’approccio performativo, la motivazione intrinseca e l’autoefficacia personale, produce risultati concreti.
5. Coaching basato sulle “tecniche di PNL”
Aziende e formatori, spinti dall’opportunità commerciale, si vantano di organizzare Corsi di Coaching che, in fondo, propongono solo Corsi di PNL. Quelli più spregiudicati lo fanno dopo aver frequentato pochi giorni di formazione in uno dei tanti corsi “certificati” (leggasi: firmati in modo seriale da Richard Bandler – il padre fondatore della PNL). I Corsi spesso sono tenuti da formatori improvvisati e sconosciuti che, loro malgrado, non possono esibire esperienza, risultati o curriculum professionali apprezzabili. Ciononostante, alcuni sostengono con forza che la formazione nella PNL sia un “passaggio obbligato” nel percorso formativo per diventare Coach sulla base della convinzione che è “utile per studiare e replicare il modo di fare delle persone che ottengono successo in campi diversi”. Il Coaching, è bene chiarirlo in questa sede, muove dall’assioma dell’assoluta unicità della persona. Quindi, la PNL inquadrata come “tecnica”, in alcuni casi può rivelarsi utile, in altri è decisamente superflua e addirittura inutilizzabile.
6. Il Coaching dei “Modelli Originali”, le pseudo-trasformazioni e i meccanismi alternativi
E’ quello dei formatori che si “chiamano fuori dai giochi” e creano personali “meccanismi di Coaching”. Propongono modelli “alternativi” che non hanno tradizione e nessun riscontro concreto nei risultati e negli aspetti scientifici. Spesso si parla d’innovazione, di trasformazione, di differenziazione, di meccanismi originali e alternativi, ma il più delle volte si tratta di metodi assemblati, rielaborazioni o di trascrizioni creative. L’obiettivo è contrapporre al “problema del cliente” un’opportunità “originale” attraverso modelli governati da strane convinzioni e strane pratiche esecutive che spesso sono solo il frutto di un “genio incomprensibile”. Il motto più usato è: il vecchio non funziona! Potrebbero anche essere metodi efficaci se chi lo insegnasse non lo facesse solo per riciclarsi professionalmente, evitando di rivelare di essere uno psicologo o uno psicoterapeuta (quando va bene), un operatore shiatsu o un massaggiatore appassionato di Mythoself (nella peggiore delle ipotesi). Pur non esistendo nessuna referenza concreta a proprio favore, in alcuni casi, i formatori sposano la causa del criticare gli altri per avvantaggiare se stessi. In questo caso dovremmo parlare di Coaching Camuffamento, Coaching Trasformazione o addirittura di Coaching Contraffazione e manipolazione.
7. Il Coaching “Fritto Misto”
Sono Corsi di Coaching in cui l’approccio è indefinito. E’ un assaggio incompleto di tutto quello che circola nel settore: un po’ di motivazione, un pò di Mythoself, un po’ di PNL, qualche esercizio sulla comunicazione efficace, sulla mitologia personale, la logica del potenziale, ecc. In questo caso i rischi sono alti. Si può essere vittime inconsapevoli di una grande confusione o, peggio ancora, di presumere di essere un Coach preparato senza aver conseguito una formazione adeguata e, di conseguenza, non poter offrire una competenza strutturata e professionale.
8. Il Coaching “Psicologico”
E’ il Coaching rivendicato dagli Psicologi e dagli Psicoterapeuti che partono dall’assunto che un problema cela (o potrebbe celare) un disagio, un blocco, un ostacolo. L’approccio parte dalla diffidenza nei confronti del potenziale umano e da estremismi precauzionali. L’accesso a questo genere di corsi è riservato solo a determinate categorie professionali, perché è basato su un insieme di “strategie” e “stratagemmi” appartenenti a vari modelli di terapia. E’ centrato sul “risolvere problemi”, “scoprire deficit” o “capire i meccanismi interni errati che si ripetono”. Lavora sui “blocchi emotivi”, sul disagio e sugli ostacoli. Si tratta di una tipologia di Coaching fuorviante e spesso improduttiva, perché è basata su principi che mirano a fornire soluzioni al “problema”, anziché fornire strumenti per migliorare il presente e costruire il futuro in termini di obiettivi attesi. Rischia di essere un approccio poco utile al cambiamento, scarsamente orientato alla felicità e al benessere delle persone che non hanno disagi, problemi psicologici e, di conseguenza, non cercano una terapia.
9. Il Coaching delle “Tecniche di Vendita”
E’ un approccio in cui confluiscono alcune categorie di professionisti: formatori, ex venditori e soprattutto coloro che si occupano di network marketing. Si basa sulla falsa credenza per cui chi sa vendere, promuovere o proporre un prodotto/servizio diventa “Coach”. E’ così che la formazione per la vendita di prodotti di bellezza, salute o benessere, trasforma la persona in un “Coach del benessere”; la vendita di prodotti per il dimagrimento, in un “Diet Coach”, di prodotti finanziari in un “Financial Coach”, e così via.
10. Il Coaching degli “Specialisti”
E’ frutto di una falsificazione simile a quella su cui si basa il Coaching fondato sulla Consulenza personale. Proporre affiliazioni, vendere immobili, prodotti finanziari e di vario genere, essere uno “specialista”, non può essere un background culturale idoneo ad avviare un’attività di Coaching. Slogan come “guadagna (x)mila euro in (x)giorni” o “la felicità sta nel fare soldi” solleticano le personalità avvezze a credere in quei sistemi che con illusoria semplicità ipotizzano soluzioni tanto facili quanto inconsistenti.. L’approccio parte dal promettere rendite o guadagni immediati, senza spiegare come tutto questo sia possibile tenendo conto delle singole specificità, delle variabili situazionali, delle potenzialità personali e delle risorse individuali. Unisce lo stile direttivo-consulenziale con le finalità cui tende il Coaching da palcoscenico e si basa su standard applicativi standardizzati.
Come uscire dalla Coaching Confusione?
Come accennato in precedenza, negli ultimi anni il Coaching usa quanto gli viene offerto nel campo della ricerca, allineandosi agli interessi delle persone, alla globalizzazione, al progresso sociale e alle mutate esigenze degli esseri umani. Usa la psicologia positiva per l’allenamento delle potenzialità; sul piano filosofico strizza l’occhio alle più importanti religioni monoteiste, senza venir meno alla grande ispirazione dell’impostazione umanista di Maslow e Rogers che individuano nel bisogno di crescita e di affermazione le principali spinte di ogni comportamento umano. Dal Coaching di tipo performativo (dei padri fondatori) assume la passione per il raggiungimento degli obiettivi, l’eccellenza, la strategia e la tecnica per raggiungere mete collocate nel futuro; da quello basato sul culto di sé, la centralità dell’essere umano, il successo, la trascendenza e la temperanza. Pone al centro del suo intervento l’importanza delle relazioni e del rapporto con l’ambiente, in un quadro caratterizzato da desideri ed emozioni positive.
Pur distanziandosi da altre relazioni basate sul miglioramento della persona (PNL, counseling, mentoring, formazione, consulenza, crescita e sviluppo personale), attinge in maniera composita da quest’ultime, riconoscendo a tutte l’intuizione di distinguersi da un ambito terapeutico.
Oggi il Coaching assomma molti approcci partendo da una base moderata e da una maggiore indipendenza e integrazione dell’individuo. La politica si basa sulla rinuncia cosciente da parte del Coach a ogni controllo sul Cliente, concedendo la possibilità di prendere decisioni autonome. Punto focale è l’individuo, la sua paternità rispetto al problema e la sua autonomia per cercare la soluzione.
Lo scopo del Coach non è di risolvere una difficoltà, superare un ostacolo, ma di aiutare la persona a conseguire la felicità attraverso l’autorealizzazione e uno sviluppo autosufficiente. Raggiungere obiettivi e migliorare la performance rimangono elementi imprescindibili, ma i traguardi sono sottomessi a un quadro più ampio legato al benessere dell’individuo.
Da questa precisazione si può trarre un’ultima riflessione: il Coach Professionista non “fa qualcosa” per convincere, persuadere o motivare la persona, ma fonda il suo operato sulla consapevolezza, sull’autonomia e sulla capacità di saper assumere la “responsabilità” delle proprie scelte e delle proprie azioni. Dunque, sempre più, in un prossimo futuro, i Professionisti del Coaching dovranno concentrarsi su una visione dell’uomo come un “organismo” degno di fiducia, convinti che le risorse sono disponibili e latenti dentro ogni individuo. Il Coach, in una siffatta dimensione, assolve la funzione di “levatrice” del cambiamento e non di colui che lo genera. Abdicherà il suo potere e lascerà l’autorità decisiva, organizzativa, progettuale nelle mani del Cliente.
La tecnologia e i mezzi di comunicazione permettono di pubblicizzare un Corso di Coaching abbastanza facilmente e altrettanto facilmente si possono imbrogliare le persone che si affacciano al mondo del Coaching professionale per la prima volta.
Per concludere sulla Coaching Confusione
Non si può insegnare Coaching senza proseguire la propria evoluzione e sviluppare idee e progetti personali. Quanto ho scritto rispetta la struttura del programma formativo della Scuola Italiana di Life, Business e Sport Coaching, che s’ispira al “Codice di Condotta”, alla “Carta dei Valori” dell’Associazione Coaching Italia (nata in base alla legge 4/2013) e alla Norma Tecnica UNI 11601, a cui attribuisco un profondo valore nell’impostazione, nella serietà e nel rigore professionale.
Sarò felice di ricevere e soddisfare ogni domanda o riflessione; accoglierò come un dono qualunque feedback che possa sviluppare o migliorare il mio apprendimento di questa materia.
E tu, vuoi uscire dalla Coaching Confusione?
Hai già deciso da che parte vuoi stare e che tipo di Coach vuoi diventare?
N.b. L’esempio concreto riportato nei contenuti iniziali di questo post è stato inserito dopo la prima stesura/pubblicazione nel 2016.
Tag: coaching, Coaching Confusione, confusione, formatori, formatori di coaching