In Italia, in materia di Modelli di Coaching, si trova di tutto.
Modelli di Coaching di qua, modelli di Coaching di là… ma non erano i Cinesi il popolo più esperto nelle contraffazioni?
Evidentemente stiamo imparando molto velocemente perché nel nostro “belpaese”, in materia di Coaching e formazione di Coaching, si trova di tutto; basta parlare di modelli e tutto diventa possibile.
Difatti è proprio dietro questi cosiddetti “modelli di Coaching” che si cela una furberia di basso livello frammista ad una ignoranza di grande portata. In altre parole è facile trovare non solo “i furbetti del quartierino”, ma anche formatori confusi, consulenti, istruttori e… operatori shiatsu riciclati all’insegnamento del Coaching (sigh!)
Partiamo col chiarire che “Modello” è un termine di riferimento che può essere adottato solo se:
- E’ chiaro
- E’ ritenuto valido
- Può essere portato/dimostrato come esempio
Ovviamente un modello diventa degno d’imitazione solo se le teorie e le pratiche in esso contenute fossero capaci di descrivere, risolvere e affrontare un fenomeno in modo oggettivo e replicabile.
L’obiettivo di un modello matematico, ad esempio, è di poter analizzare, studiare, comprendere, quantificare ed elaborare il fenomeno in questione.
La costituzione di un modello di Coaching, quindi, dovrebbe essere il risultato di prove rigorose, predisposte in modo tale da non essere minimamente influenzato da interpretazioni soggettive (figuriamoci dall’autoreferenzialità).
Al contrario, i modelli di Coaching “fai da te”, mirano a fornire nozioni orientate a un approccio non convenzionale e “originale” (dove per “originale” s’intende “incomprensibile” e nel nostro caso anche “fuorviante”).
Una siffatta impostazione metodologica, gira intorno all’idea che il modo migliore per gestire la relazione di Coaching sia seguire un “protocollo strampalato” che non ha alcun fondamento, nessun riscontro scientifico e nessuna misurabilità; una sorta di fritto misto che intende risolvere e trasformare quello che ahimè funziona già.
Infatti, è appena il caso di fare un riferimento ai più noti modelli di Coaching orientati al modello GROW (e il successivo GROW Expanded), a quello Umanistico o Performativo, per sottolineare l’approccio voluto da illustri padri fondatori: la trasparenza, la chiarezza e la misurabilità devono essere la base.
Il più delle volte nei modelli di Coaching “fai da te”, l’obiettivo è cercare di dimostrare che le persone possano passare dal “funzionare male” al “funzionare bene” attraverso la trasformazione di qualcosa (personalmente quando penso alla “trasformazione” non posso fare a meno di pensare al Mago Silvan e ad Arturo Brachetti …roba che farebbe impallidire anche uno sciamano all’ultimo stadio del suo viaggio).
Del resto, anche per uno sciamano non è difficile trovare adepti: alle pratiche sciamaniche si rivolgono tutti quelli che si sentono in sintonia con esse.
“Chiamarsi fuori dai giochi” e creare personali “modelli di Coaching” cercando di apparire “alternativi” è utile, soprattutto per il “marketing ad alta pressione” e per lo sciamano di turno, ma la domanda che sorge spontanea è: a cosa può servire un modello di Coaching fai da te? A risolvere fatti, cose e vicende già ampiamente risolte? E ancora… Senza avere nessun riscontro concreto nei risultati è possibile parlare di modelli di Coaching?
Secondo me no, ma a sentire le voci di mercato sembrerebbe che il motto più usato dai fautori del “fai da te” per convincere ignari clienti è: il vecchio non funziona!
Dove per “vecchio” s’intende il vero Coaching.
Questa diatriba tra coaching-vero e coaching-falso è facile da chiarire: chi parla di Coaching con inflessione Ciociara, è un maestro shiatsu e fa solo 3 sessioni di Coaching ogni anno, non ha di certo conoscenze e referenze per riconoscere il Coaching vero dal “Coaching fuffa”.
Nella mia visione chi parla di modelli di Coaching fai da te potrebbe impiegare tale energia verso le ricette di cucina; un bel ricettario con i piatti tipici della Ciociaria… un progetto niente male, che sicuramente permetterebbe di produrre qualche adepto e qualche corsetto in più.
Per chi non è interessato ai modelli di Coaching fai da te…
Il Coaching è un metodo finalizzato al miglioramento delle performance e al raggiungimento di obiettivi di maggior valore attraverso la scoperta, lo sviluppo e l’allenamento delle potenzialità personali. Siamo nella logica del “potenziale” e non del “deficit”. La relazione, basata sulla scoperta e la valorizzazione del potenziale, permette di inquadrare l’essenza stessa del Coaching: accompagnare la persona verso il massimo rendimento all’interno di una logica creativa e generativa. Consapevolezza, responsabilità, scelta, fiducia e, soprattutto, autonomia sono alla base. Il fine ultimo del Coaching, partendo da questa prospettiva, non è suggerire consigli o impartire ricette miracolose, bensì elaborare, monitorare e realizzare programmi e obiettivi costruiti secondo un modello di Coaching che è:
- Chiaro
- Ritenuto valido
- Portato come esempio da migliaia di professionisti.
Insomma, il Coaching è ovviamente un “prodotto sartoriale” e il cliente viene inquadrato nell’ottica della centralità e dell’unicità, ma… per essere depositario di una competenza preposta al “fare” occorre oltre ad un modello di Coaching, anche un metodo che rappresenti un percorso certo, mai alternativo e sopratutto…