Certificazioni di Coaching, Attestati e Diplomi professionali: tutta la verità e i retroscena sulle false certificazioni.
Lo sostengo da circa vent’anni, lo affermo partendo dalla coerenza che è la cosa che mi sta più a cuore: “Sono più importanti le conoscenze, le competenze e le abilità di Coaching che le “stellette sul bavero della giacca” recanti il grado di Coach Professionista!
Non è un attacco ai riconoscimenti, mi riferisco, piuttosto, agli attestati, “diplomini” e pseudo-certificazioni di Coaching che sembrano essere diventati il maggior argomento di confronto-scontro (e quasi mai d’incontro) tra gli operatori del settore. Intendiamoci, la motivazione è sempre la stessa: alimentare deliberatamente la Coaching confusione per avvantaggiare se stessi e “proteggere” il proprio business.
Partiamo dal principio
Le Associazioni di Categoria possono essere costituite solo su base privatistica. In una corretta prospettiva professionale, morale e soprattutto deontologica, bisogna rilevare che la legge n. 4 del 2013 non “regola” assolutamente il Coaching, ma ben 150 nuove “professioni non regolamentate”, tra le quali poi si comprende anche il Coaching (leggi la Gazzetta Ufficiale del 26.01.2013, n.22).
La normativa, in poche parole, si propone di collocare e dare una posizione all’attività di quei professionisti che non sono inseriti in ordini, albi o collegi e che svolgono attività rilevanti, spesso consistenti nella prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente mediante un lavoro intellettuale.
La legge, quindi, non è stata promulgata per avvantaggiare i Professionisti (quindi neanche i Coach) e nemmeno per facilitare la vendita dei Corsi di Coaching, ma, come ogni legge dello Stato italiano, a unico vantaggio del cittadino-utente.
Per questo motivo la stessa legge ha favorito l’istituzione delle Associazioni di Categoria (soggetti di stampo privatistico equiparate per organizzazione e funzionamento ai più famosi ordini e agli albi professionali), che permettono di ricevere un “riconoscimento professionale interno” a chi decide di iscriversi spontaneamente.
Le Certificazioni in pratica
Le Associazioni di Categoria dettano norme, comportamenti, codici di condotta e, soprattutto, i criteri per l’iscrizione nei propri elenchi dei professionisti (verifica delle competenze, esami, valutazioni di vario genere e grado). Su quest’ultimo aspetto è il caso di aprire una parentesi: l’iscrizione a un’Associazione di Categoria non è obbligatoria. Esistono decine di escamotage per continuare a definirsi “Coach”; si tratta solamente di scegliere se intraprendere la strada della “supercazzola” o quella che unisce competenze concrete ai processi ufficiali (in alcuni casi, ahimè, particolarmente complessi e burocratici).
Un esempio basato sul criterio di autoregolamentazione del Professionista
Ai professionisti iscritti negli elenchi delle Associazioni di Categoria viene imposto di evidenziare, in ogni documento e rapporto scritto con il Cliente, il riferimento alla legge 4/2013 che risulta applicabile proprio per la tutela del Cliente e della fiducia che esso ripone nel professionista. Qualora questa disposizione non fosse rispettata, il Professionista è sanzionabile ai sensi del Codice del Consumo, D.Lgs. 206/2005, in quanto “responsabile” di una pratica commerciale scorretta nei confronti del consumatore (in questo caso la sanzione amministrativa va da 5.000 a 500.000 euro, secondo la gravità e la durata dell’infrazione).
In pratica la legge non abilita nessuno e non intende esprimere criteri di qualità dei Corsi di Coaching, ma solo far sì che i professionisti inseriti negli elenchi delle Associazioni di Categoria si sottopongano spontaneamente a un codice di autoregolamentazione nell’erogazione del servizio di Coaching e nella pratica dell’attività professionale.
Anche in questo caso è giusto fare delle precisazioni
Le Associazioni di Categoria sono tenute a promuovere forme di garanzia a tutela dell’utente finale, tra cui l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino-consumatore, al quale i committenti delle prestazioni professionali possono rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell’articolo 27-ter del Codice del consumo, D.Lgs. 206/2005.
Il Ministero dello Sviluppo Economico è l’organo di controllo delle Associazioni di Categoria e c’è da rilevare che alcune di queste attuano una comunicazione non corretta, spesso ingannevole e comunque non conforme alla normativa in vigore. Tra i più frequenti errori che commettono si evince l’uso di espressioni non precise nella denominazione, nei documenti ufficiali e sul sito web. Se ne evidenziano alcuni particolarmente importanti, che è possibile scoprire seguendo questo link https://www.mise.gov.it/it/mercato-e-consumatori/professioni-non-organizzate (la pagina e la relativa circolare del 24 marzo 2022 riporta alcuni chiarimenti sui termini “certificazione”, “accreditamento”, “competenze”, “qualifica professionale”). Ecco quelle più comuni:
- Con questo Corso di Coaching ottieni il Diploma in Coaching ai sensi della legge 4/2013.
- Con questo Corso di Coaching ottieni il Certificato in base alla legge 4/2013.
- Corso Ultra-Certificato (da più Associazioni di Categoria)
- Dopo il Corso ricevi il Diploma di Coaching ai sensi della Legge 4/2013.
- Corso di Coaching che rilascia la Certificazione Internazionale.
Insomma, se non fossi un operatore del settore e come tale altamente esposto, in presenza di queste nefandezze nei confronti degli ignari cittadini opterei per una denuncia all’Antitrust, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
La manipolazione delle Certificazioni
Il primo (e a volte unico) obiettivo è iscrivere Clienti ai propri Corsi; le leve più utilizzate sono il marketing aggressivo e la comunicazione ingannevole.
C’è chi continua a parlare di certificati, chi confonde le certificazioni con i semplici attestati di partecipazione e frequenza (tipico esempio le famose “certificazioni internazionali” rilasciate a chi frequenta i Corsi promossi direttamente o sponsorizzati dalla ditta di Richard Bandler). C’è chi usa l’argomento “certificazione” per parlar male degli altri cercando di avvantaggiare se stessi e c’è chi veramente non ha capito nulla (e purtroppo parla e sparla cercando di spiegare argomenti tecnici che non conosce approfonditamente).
L’unica Certificazione di Coaching possibile
Offrire un servizio di Coaching certificato è possibile.
Si può fare attraverso l’ottenimento del Certificato della Qualità da parte di un Ente terzo neutro e indipendente ai sensi di una Norma nazionale.
La norma Nazionale UNI 11601:2015 definisce e classifica i requisiti del “Servizio di Coaching” certificabile in accordo alla norma di accreditamento ISO 17065 (in pratica non si certificano il Professionista e/o le sue competenze, ma le modalità organizzative e il processo di erogazione del servizio).
Approfondiamo
Un’Azienda o un Professionista che intenda conseguire una “Certificazione di Terza Parte”, deve avere implementato un Sistema di Gestione descritto da un Manuale, da Procedure Gestionali e da Istruzioni Operative in conformità a quanto richiesto dalle Norme (nel nostro caso la norma UNI 11601:2015). Una volta che il Sistema è stato implementato, s’inoltra una richiesta di certificazione ad un Ente Certificatore Esterno accreditato; in seguito viene svolta l’attività di Audit Certificativo. Nel corso di tale Audit, gli Ispettori possono riscontrare incongruenze e “non Conformità” che, in funzione del numero e della “gravità”, possono portare alla richiesta di implementazione di Azioni Correttive o addirittura al rifiuto del rilascio della certificazione.
La volpe e l’uva
Chi non ha certe caratteristiche, chi vuole appropriarsi del termine Coach con finalità promozionali e commerciali, non avendo la possibilità di dimostrare il valore di ciò che offre tende a manipolare la realtà a proprio vantaggio. Questo modo di fare, molto spesso, si traduce nel “gettare fango” su aspetti chiari e documentabili attraverso la consultazione di fonti ufficiali.
I nodi da sciogliere sulle Certificazioni di Coaching, gli Attestati e i Diplomi Professionali
Rimangono aperti alcuni quesiti: come scegliere il proprio percorso di Coaching?
Come scegliere il Corso di Formazione che eroghi contenuti di Coaching validi e conformi agli aspetti formali riferibili alla legge 4/2013, alla norma Nazionale UNI 11601 e ai dettami degli organi preposti al controllo?
Se sei un Coach o vuoi diventare un Coach
- Non tutti i formatori o le aziende di formazione hanno interesse a nascondere la verità per affermare o mantenere il valore del proprio business; chi sostiene il contrario propone una generalizzazione che nel tempo si è trasformata in un “cavallo di battaglia”, una bufala del web creata ad hoc.
- Purtroppo chi non può vantare validi argomenti a sostegno della propria tesi o del proprio operato preferisce screditare piuttosto che chiarire o spiegare.
- Un Corso di Coaching professionale va valutato in base ai contenuti, al processo formativo che propone e ai sistemi di verifica delle conoscenze, delle competenze e delle abilità.
- Definirsi Coach passa attraverso l’acquisizione di una specifica formazione, che comprende conoscenze teoriche ed esperienziali. Non è solo una questione di “forma”, ma di “forma e sostanza”, soprattutto quando una professione ha a che fare con la vita delle persone.
- Apporre una stelletta sul bavero della giacca non sempre corrisponde all’etica e alla professionalità che proprio le Associazioni di Categoria mirano a preservare attraverso regole, nonché codici di condotta e dei valori.
Infine ricorda…
A rinfoltire le fila della “Coaching Confusione” potresti essere anche tu, perché probabilmente ti sfuggono aspetti normativi, tecnici e procedurali. La verità sul Coaching, sulle Associazioni di Categoria, sugli attestati e sulle certificazioni è molto più funzionale e utile della menzogna… peccato che in pochi abbiano voglia di raccontarla.
Certificazioni di Coaching, Attestati e Diplomi Professionali? Uomo avvisato… mezzo salvato.
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