Stai cercando un sistema di Coaching innovativo? Diffida dei falsi miti, delle contaminazioni e delle trasformazioni.
Nell’ambito del Coaching professionale esistono svariati approcci. Tra questi troviamo varie forme di interpretazione del metodo, alcune deformazioni e anche tante falsificazioni.
E’ il frutto della scelleratezza di piccoli formatori che cercano strenuamente (e strumentalmente) di iscrivere ignari clienti ai propri corsi senza avere le basi culturali atte a salvaguardare la bontà del metodo. Non è una questione di creatività, ma una cattiva conoscenza e comprensione del reale significato di Coaching.
- Coaching è visione chiara del futuro desiderato;
- Coaching è allenamento del potenziale;
- Coaching è azione, produzione, spostamento… conseguimento di risultati concreti.
Insomma, innovare nel Coaching è certamente possibile a patto che si mantengano e si custodiscano (con senso di responsabilità) le radici filosofiche del metodo.
John Whitmore parlava del Coaching in questi termini: “…un buon modo di pensare al Coaching è di paragonarlo a un viaggio e alla sua attenta pianificazione. In primo luogo si stabilisce dove si vuole andare (l’obiettivo) definendo attentamente il punto di partenza. In seguito si esplorano vari itinerari (le diverse opzioni) costruendo piani d’azione concreti verso la destinazione finale”.
Il cliente “vuole”, “desidera”, “sogna” un futuro migliore… e nei verbi che utilizza c’è la risposta a: che cos’è il Coaching, a cosa è utile e anche a come si fa.
Si tratta di una logica semplice, basata sul concetto di “asimmetria” nella quale il Coach si deve sentire responsabile di non “anticipare”, “modificare” o “trasformare” le esigenze del proprio interlocutore, abdicando al protagonismo e al “potere del suo sapere”.
Insistere strenuamente sul cambiare questa logica, “martellando” con una comunicazione che valorizza strane pratiche, ostacoli, trasformazioni, blocchi emotivi, convinzioni limitanti, ecc., produce solo scellerate deformazioni del metodo (che a mio parere determinano solo minor efficacia).
In altre parole, far assumere ai possibili ostacoli una veste prioritaria significa intavolare in un modo diverso la “logica del deficit” che da sempre si contrappone al Coaching con la “c” maiuscola basato sulla “logica del potenziale”. E’ un modo di rispondere alle smanie di un pubblico che prima di conoscere il vero Coaching è centrato sul problema e sulla sua soluzione (che vuole strumenti, potere, contenuti, ricette e soluzioni per migliorare se stesso e soprattutto gli altri).
Insomma, sforzarsi di apparire innovatori e farlo attraverso una logica fallace e ingannevole, è una pratica di marketing e di posizionamento; non è Coaching e non è innovazione.
Attenzione ai sistemi di Coaching innovativi (diffida delle persone, non del metodo)
Come accennato, negli ultimi anni sembrerebbe che parlare di “Coaching professionale” favorisca l’aprirsi di un “buco nero senza fine”. La mia posizione è inflessibile: chi non ha seguito e onora i padri fondatori del metodo, chi non ha fatto formazione con chi ha gettato le basi metodologiche del Coaching moderno non può insegnarlo… figuriamoci se può parlare di sistema di Coaching innovativo.
Chi non si è sforzato di capire “perché”, “come” e “quando”, non merita di pensare a un sistema di Coaching Innovativo.
Negli ultimi venti anni ho formato diverse centinaia di professionisti; molti di loro hanno ottenuto e ottengono grandi risultati. Ho cercato di rispettare l’impostazione metodologica della “logica del potenziale” in un’ottica di protezione, riguardo e responsabilità verso il metodo. Ho innovato quello che mi sembrava giusto innovare confrontando i miei studi e i miei approfondimenti con i padri fondatori (partendo dal modello GROW e dai suoi sviluppi), osservando e seguendo prescrizioni, indicazioni e feedback. Ho mantenuto le radici e valutato con grande attenzione ogni innovazione e per questo piango la scomparsa di John Whitmore, il padre di tutti coloro che si professano Coach Professionisti.
Partendo da questa grave perdita posso sostenere che in un’ottica di vera innovazione il Coaching non va confuso o miseramente miscelato con:
- La formazione e la motivazione da palcoscenico
- La programmazione neuro-linguistica
- La psicologia e la terapia psicologica
- La consulenza personale riferibile alle strategie di marketing e al posizionamento strategico
- Le pratiche cosiddette “trasformative”
- La psicosintesi, il counseling e le pratiche somatiche o meditative.
Guardo con particolare sospetto le finte innovazioni, i sistemi cosiddetti “risolutivi”, i modelli fai-da-te; il “Coaching fatto in casa” e “il grande fritto misto”; non mi piacciono le pratiche alternative perché non fanno parte della mia cultura di Coaching che considero scevra di contaminazioni.
Il Coaching è un metodo semplice, facile da capire su un piano teorico che presuppone un cambio di mentalità profondo per accettare la “logica del potenziale”.
Regola le sue basi sul prevenire un primo ostacolo: la mentalità, la cultura e la preparazione del Coach che in primis deve saper rispondere alle esigenze del Cliente: proiettarsi efficacemente verso quello che desidera.
Il Coaching merita di vedere in un sistema di Coaching innovativo un’opportunità, e non certamente una minaccia.
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