Le Neuroscienze sono l’insieme degli studi condotti sul sistema nervoso degli esseri umani. Richiedono conoscenze di fisiologia, chimica, fisica, matematica, psicologia, linguistica e tantissime altre discipline.
L’obiettivo delle Neuroscienze è di abbattere i confini culturali tra le varie discipline per avvicinarsi a una piena comprensione della complessità del funzionamento cerebrale.
Negli ultimi decenni, attraverso intensi studi sul cervello umano si è riusciti ad avere una maggiore conoscenza del suo “codice/linguaggio”. Una delle tante evidenze prodotte è certamente quella che riguarda il miglioramento delle performance.
Per un Coach Professionista è utile capire come il nostro cervello viene influenzato da pensieri e comportamenti, come elabora i segnali che gli arrivano dall’esterno, come riesce a immagazzinare i ricordi e, soprattutto, a permetterci di agire. In pratica, si tratta di capire “come funzioniamo” al fine di generare prestazioni di maggior valore.
Storia delle Neuroscienze
Fu il biologo americano Francis Otto Schmitt, pioniere della Biologia Molecole e delle Neuroscienze, a coniare il termine inglese Neurosciences, con riferimento all’organizzazione da lui fondata, il Neurosciences Research Program, insieme a scienziati di diversa formazione. Era il lontano 1962 e la sua intuizione fu che, per comprendere la complessità del funzionamento del cervello, bisognava abbattere i muri che dividevano le varie discipline scientifiche e unire le forze.
Le Neuroscienze, infatti, andando contro quella che era stata la tradizione precedente, iniziarono a riunire scienziati operanti in diversi ambiti, come la fisica, la biologia, la genetica, la matematica, la psicologia e la linguistica.
Le Neuroscienze indagano l’anatomia del sistema nervoso, il modo in cui si sviluppa e si mantiene nel tempo, come funziona, quali sono le connessioni tra le diverse aree cerebrali e i diversi comportamenti.
Il problema risiede nel Cambiamento
La maggior parte delle persone si rivolge ai Coach per generare qualche tipo di cambiamento, per modificare il modo in cui pensa, si comporta o interagisce con gli altri in vista di un obiettivo. Per essere efficaci, quindi, bisogna capire come il cervello supporta (o contrasta) il cambiamento. In pratica come si possono rimodellare le cattive abitudini, uscire da routine, superare convinzioni disfunzionali, modificare le strutture e i processi del linguaggio e, in particolare, i processi cognitivi e cerebrali coinvolti nel produrre parole, frasi, concetti e storie.
Neuroscienze e Cambiamento
I Neuroscienziati continuano a confermare quello che istintivamente già conosciamo: il cambiamento duraturo è più difficile di quanto pensiamo.
Ad esempio: quanti cambiamenti desideriamo ogni giorno e su quanti di questi falliamo? Un’altissima percentuale delle iniziative di cambiamento fallisce perché le persone si concentrano sulle cose sbagliate (partendo dai deficit) e non capiscono cosa realmente sia necessario per cambiare. La formazione e la motivazione, ad esempio, non sono sufficienti per spingere le persone a cambiare. Il cambiamento richiede un’attenzione focalizzata continua su nuove possibilità e nuovi comportamenti (lontani dalla logica del deficit) e un grande impegno.
Perché il cambiamento è così difficile?
Quando il cervello umano rileva o gli vengono richiesti dei cambiamenti, invia segnali alla corteccia orbitale. Essa è strettamente legata al circuito della paura (un’emozione di base che è generata dall’amigdala). Questi segnali fungono da interferenza rispetto alla nostra tensione a effettuare un vero cambiamento, andando a rafforzare il nostro impegno a mantenere lo status quo.
Come funziona il cervello (brevi cenni legati al cambiamento)
La corteccia prefrontale detiene la “funzione esecutiva” del cervello, determina l’idea di bene o di male, prevede le conseguenze future e le azioni; in pratica “lavora” verso gli obiettivi.
È qui che il cambiamento inizia ad andare in crisi. La corteccia prefrontale, usata per imparare nuove attività, ospita la nostra memoria esecutiva. Ha risorse limitate e si affatica facilmente; è in grado di ritenere un numero limitato di idee contemporaneamente.
I gangli della base sono considerati il pilota automatico del cervello perché gestiscono il controllo volontario del movimento e comportamenti e abitudini di routine. Il sistema funziona senza pensiero cosciente durante queste attività di routine. Poiché la memoria di lavoro nella corteccia prefrontale si affatica facilmente, spingiamo quante più attività possibile verso i gangli della base. Una volta che queste abitudini e queste routine si sono stabilizzate in questa parte del cervello, è difficile cambiarle.
I vantaggi del Coaching rispetto al cambiamento
Uno dei vantaggi più importanti offerti dal Coaching è il “focus d’interesse” delimitato dalla domanda di Coaching. Questo permette al Cliente di concentrarsi su ciò che vuole veramente e costruire la volontà di superare i segnali anti-cambiamento imposti dal cervello. La chiave per fare un vero cambiamento e, di conseguenza, nelle nostre vite, è la “densità di attenzione” (Attention Density), in altre parole, la quantità di attenzione che rivolgiamo a qualcosa.
Nelle Neuroscienze, infatti, il termine “densità di attenzione” viene utilizzato per definire la quantità di attenzione prestata a una particolare esperienza mentale in un momento specifico. Maggiore è la concentrazione su un’idea specifica o esperienza mentale, maggiore è la densità di attenzione.
Ne consegue che il cambiamento è sostenuto da un alto livello di “densità di attenzione” focalizzato sulla nuova idea, comportamento o possibilità verso cui vogliamo andare. In pratica, laddove focalizziamo la nostra attenzione, si creano nuove connessioni neuronali.
Con una densità di attenzione sufficiente, i pensieri e i nuovi comportamenti possono diventare parte di chi siamo e condizionare come percepiamo e interagiamo con il mondo.
I Coach aiutano le persone ad aumentare la loro “densità di attenzione” attraverso domande potenti, esplorando le intuizioni, creando opportunità di riflessione, chiedendo impegno e tenendo conto delle potenzialità personali (intese come forze del carattere innate).
Implicazioni per il Coaching
Come accennato, molto di quello che le persone fanno è gestito dai gangli della base. Non siamo consapevoli delle cattive abitudini, della gestione della comunicazione e di moltissime attività entrate nella routine quotidiana.
Il cambiamento richiede la creazione di nuovi circuiti nel cervello, che utilizza la corteccia prefrontale. Questo processo avanza lentamente e richiede uno sforzo e un’attenzione intensi.
Coaching e Neuroscienze permettono di sviluppare una attenzione ripetuta, mirata e focalizzata e può portare a un’evoluzione personale di lunga durata.
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