Quanti atleti patiscono la famosa ansia da prestazione nelle fasi precedenti una competizione sportiva?
Che si tratti di un professionista o di un amatore, le dinamiche mentali e fisiche legate all’ansia da prestazione sono pressoché identiche.
Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di intervistare un ex atleta professionista di nuoto e, parlando della sua carriera sportiva, mi ha confidato di alcuni momenti in cui ha vissuto la spiacevole situazione dell’ansia da prestazione.
Riporto alcuni tratti dell’intervista che possono aiutare a capire meglio di cosa si tratta l’ansia da prestazione espressa e sintetizzata da un atleta.
Parlando degli atleti e dell’ansia che vivono prima della gara, potresti raccontarmi le tue esperienze in merito?
Certo. Il mio primo contatto con l’acqua è avvenuto quando avevo 1 anno e da allora non ho più smesso. Ricordo le prime gare da piccolina, quando ero la più brava e tutti mi dicevano che ero fortissima, non avevo paura di niente, le competizioni erano un divertimento, una fonte di soddisfazione per me e per la mia famiglia. Ricordo anche la vergogna che provavo quando uscivano gli articoli sui giornali ed arrivavano le richieste della televisione per intervistarmi…. rispondevo solo con un si o con un no, non parlavo quasi mai, cosa assai divertente visto che nella realtà accade esattamente il contrario 🙂
Poi, con il passare degli anni, sono cresciuta ma ero stanca di tutti quegli allenamenti così duri, così ho iniziato ad allenarmi di meno e, in occasione delle gare, mi accorgevo che non ero pronta ne mentalmente ne fisicamente. Mi rendevo conto che la competizione diventava sempre più dura ed era difficile riuscire a vincere. In qualche occasione, ad es. dei campionati italiani, avvertivo uno stato di ansia che iniziava già dal giorno della partenza per la trasferta. Il giorno della gara sentivo il fisico pesante, sapevo di non essermi allenata adeguatamente ed avvertivo una sensazione negativa.
E cosa avvertivi esattamente?
Sentivo il battito cardiaco accelerare, una sensazione di pesantezza generale, uno stato non piacevole di ansia.
Da cosa derivava quell’ansia?
Dall’insicurezza. Non mi sentivo sicura, non perché non fossi forte, ma perché sapevo di non aver lavorato bene per arrivare preparata a quell’appuntamento o, almeno, non ero in forma come gli anni precedenti e sapevo che gli altri, invece, avevano lavorato meglio di me. Avevo paura di deludere non solo me stessa, poiché in quei momenti mi pentivo di non aver fatto bene, ma anche tanta gente che mi seguiva, che sapeva che ero lì a gareggiare; la mia famiglia, l’allenatore, gli amici, tutti dicevano che ero la migliore… la corsia n. 4.
Prima mi stavi accennando che ti è successa la stessa cosa l’anno scorso in occasione dei mondiali di nuoto master ai quali hai partecipato, ti va di spiegare meglio cosa ti è successo?
Si. Per un attimo ho vissuto la stessa sensazione di ansia. Quando sono arrivata lì, sapevo che non potevo fare bene perché non mi ero allenata ed avevo un problema ad un polso che non mi permetteva di nuotare bene, sapevo che non avrei potuto fare il tempo che avevo fatto due anni prima quando avevo vinto i campionati italiani. Quando ho incontrato i miei amici, tutti ex nuotatori, tutti mi salutavano e dicevano “guarda chi c’è” “dopo veniamo a vedere la tua gara” … insomma tutti si aspettavano di vedermi gareggiare e vedere che, nonostante l’età, ero ancora forte. In quel momento ho vissuto quello che avevo provato gli anni precedenti, non avevo più desiderio di stare li, non era più un divertimento per me. Ho vissuto uno stato d’ansia che non provavo da tempo; già al controllo dell’addetta ai concorrenti avvertivo delle palpitazioni, un senso di agitazione che continuava a salire, soprattutto quando ha chiamato “la corsia n. 4 , la migliore della batteria”, vedevo che tutte le altre concorrenti mi osservavano. Sentivo tutto il corpo tremolante, il battito del cuore accelerato, non vedevo l’ora di finire. Ho cominciato a pensare di aver sbagliato nella decisione di andare a fare la gara, perché non ero in forma e perché il senso di divertimento si era trasformato in un senso di angoscia. Era una situazione non piacevole, come se la mia presenza li fosse forzata, perché non stavo bene.
Se potessi descrivermi l’emozione che ti governava in quel momento?
La paura. Ma non la paura di fare la gara, bensì la paura legata alla consapevolezza che il risultato che avrei ottenuto, viste le mie condizioni, non sarebbe stato positivo e c’erano tutte quelle persone che erano venute a vedermi gareggiare. Avevo paura assieme alla certezza di deluderli, di deludere le loro aspettative. Avrei voluto dimostrare che, nonostante l’età, ero ancora forte, ero ancora quella da battere, ma non avrei potuto in quella situazione, senza allenamento, con problemi fisici e con l’età non più giovane. Tutti questi pensieri mi hanno portato in quello stato di ansia, ansia da prestazione”.
Grazie Natalia!
Il contributo di quest’atleta di nuoto ci permette di fare alcune importanti considerazioni sull’influenza che possono avere alcuni fattori “mentali” sulla prestazione dello sportivo. L’ansia, che nell’ambiente sportivo viene più precisamente definita ansia da prestazione, non è altro che una particolare condizione emozionale caratterizzata da uno stato di apprensione generale, di aumento della tensione sia fisica che mentale, una sorta di preoccupazione, di senso di paura che l’individuo vive in maniera più e meno intensa. Il termine ansia deriva dal latino “anxia–anxius” ovvero ansioso che, a sua volta, trae origine da angere, “stringere”. Sta ad indicare, appunto, una costrizione fisica derivante da un disagio psichico.
L’ansia da prestazione potremmo definirla come: “una preoccupazione che sorge anche se non vi è un pericolo concreto o, quanto meno, non oggettivamente evidente”.
Tuttavia, il concetto di ansia non è per se stesso negativo in quanto nasce da uno stato di tensione protratto e che deriva dal conflitto tra forze opposte. In tale termini, può rappresentare una potente arma motivazionale in termini di maturazione emotiva dell’atleta che, posto in situazioni particolari, è costretto a risolvere dei conflitti propri della natura umana e, in quanto tali, inevitabili.
Poiché, come abbiamo potuto notare anche nel racconto precedente, lo stato di ansia da prestazione si accompagna spesso, se non sempre, ad uno stato di alterazione fisica (aumento della frequenza cardiaca, senso di pesantezza, funzioni fisiologiche accelerate ecc.), va da se che la gestione delle situazioni in cui l’atleta vive uno stato ansiogeno, passa anche attraverso il controllo del proprio corpo.
Attraverso un percorso di Coaching è possibile rendere l’atleta consapevole delle proprie paure, delle proprie preoccupazioni e soprattutto da cosa sono generate e quali meccanismi le mettono in funzione. In tal modo, egli ha la possibilità d’intervenire su tali meccanismi controllandoli e non facendosi controllare, decidendo come gestire la situazione che precede la competizione.
Attraverso alcune tecniche di rilassamento, è possibile intervenire anche sugli aspetti fisici generati dallo stato di ansia che, come abbiamo visto, comporta un certo stato di attivazione corporea generale.
Le reazioni mentali e quelle fisiche, generate dall’ansia da prestazione, sono interdipendenti, ovvero s’influenzano a vicenda, di modo che gestire gli aspetti mentali e fisici, con un miglior controllo dell’ansia, porta ad una migliore attivazione dello stato di concentrazione dell’atleta.
Come gestire la tua ansia da prestazione nelle ore precedenti la gara?
Acquisisci una maggiore consapevolezza dei tuoi stati d’animo e della tua fisiologia… con lo Sport Coaching.
Tag: ansia, ansia da prestazione, prestazione, Sport Coaching