Non si diventa Coach in una settimana perché nel mio modo di vedere le cose, un’assurdità è una proposta contraria alla logica. Diventare Coach in in una settimana mi sembra al di sopra di ogni possibile comprensione.
Quindi… come difendersi dalle bufale, dai copiatori, dai diplomini di Coaching ottenuti in una settimana?
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Life, del Business o dello Sport Coaching?
Vuoi imparare a generare più risultati
per te stesso e per gli altri?
Bene, non ci riuscirai in una settimana!
Una rilevante quantità di persone che cerca di intraprende un cammino di crescita personale e professionale ha grandi difficoltà nel trovare il percorso giusto, perché tutto è incredibilmente somigliante.
Una massa generica e informe di proposte che appiattiscono il valore dei programmi, dei processi formativi e che, in moltissimi casi, sottovaluta anche l’importanza del relatore.
Chiariamolo subito:
La Verità sul Coaching, la Crescita personale e Professionale
è occultata da mille interpretazioni e…
grandi interessi.
La mia personale opinione…
Il coraggio ha dei limiti. Anzi, ne ha uno solo e si chiama paura!
La paura si nasconde dietro tanti camuffamenti, dietro all’arroganza, dietro al rispetto ossequioso, dietro la prepotenza, dietro l’ignoranza, dietro l’ostentazione sfrenata del proprio sapere, della ricchezza, del successo…la paura impone molte maschere e non sempre è facile riconoscerla.
Superare la paura, invece, si traduce in azioni concrete.
Per questo ho deciso di attingere dalla mia esperienza personale e rivelare tutti i segreti utili a comprendere gli errori da evitare, le bufale da cui difendersi e i principi sui quali fondare la scelta per diventare un Coach Professionista.
Partiamo dal principio analizzando perché non si diventa Coach in una settimana!
In una logica moderna, si tratta di mandare in soffitta la vecchia lezione frontale (trasmissiva ed enciclopedica) e di rendere “attivo” l’allievo, di evitare la frammentazione dei contenuti e di abbattere inutili lungaggini.
Una didattica basata sulla “scoperta” e sulla “ricerca” è molto più motivante di uno studio accademico, passivo e teorico. Insomma, in una logica moderna, non più studenti, ma “ricercatori”, non più insegnati, ma “direttori di ricerca”.
Lo scenario, quindi, è quello di una radicale riorganizzazione dei metodi e delle pratiche didattiche supportate da metodi moderni e tecnologici.
E’ proprio in questa logica che lo stesso iter di studio di Prometeo Coaching molto spesso viene frainteso.
Ciò accade perché la settimana di lavoro full-immersion caratterizza in modo preponderante l’intero iter di studio.
Diventa oltremodo necessario, perciò, spiegare perché non si diventa Coach in una settimana.
Per farlo ho deciso di presentare l’iter di studio che caratterizza da oltre dieci anni il percorso formativo Prometeo Coaching.
Fase 1: Reazione (Reaction)
Nella prima fase vengono svolte indagini, test e questionari per analizzare caratteristiche, aspettative, abitudini e risposte dei destinatari della formazione.
L’obiettivo è valutare i bisogni, gli interessi e il coinvolgimento per l’iniziativa formativa sul piano didattico, organizzativo, professionale e sociale.
Il feedback dei partecipanti gioca un ruolo essenziale nel processo di organizzazione dell’intervento didattico e permette la stesura di contenuti fortemente personalizzati. In questa fase viene consegnato il “Quaderno del Coach” per incominciare a capire e assimilare la cultura del Coaching sul piano storico-filosofico.
Fase 2: Apprendimento (Learning)
La seconda fase è caratterizzata dal percorso di 7 giorni full-immersion.
Durante questa periodo vengono trasferite tutte le competenze per imparare a gestire la relazione di Coaching sia in chiave umanistica che per il miglioramento delle performance.
Questa fase del training è basata sul “lavoro personale”; trasferisce, in poche parole, la capacità di creare una relazione di Coaching basata sulla fiducia in un clima generativo caratterizzato da rispetto e autenticità.
L’allievo-Coach, attraverso il lavoro su di sé, impara a sostenere le persone nell’individuazione di obiettivi di miglioramento in una logica priva di prescrizioni e giudizio.
Vengono trasferite le competenze specifiche di Coaching attraverso un metodo concreto, distante dalla logica accademica, utile a progettare percorsi di sviluppo in un quadro caratterizzato da una precisa identità professionale e un rigoroso modus operandi.
Oggetto dell’intervento è il miglioramento delle conoscenze, delle competenze e delle abilità nel “fare Coaching”.
Questo livello presenta una notevole complessità rispetto al precedente, ma consente all’allievo-Coach di ottenere indicazioni precise sul metodo e sul “come fare Coaching”, nonché sull’efficacia degli strumenti utilizzate per rendere efficace la sua azione professionale.
La formula semi-residenziale consente di estendere il momento formativo oltre il tempo d’aula, comprendendo ogni momento della giornata, le varie attività di condivisione e organizzazione del tempo e dello spazio comune. L’intensità, la continuità di relazione, il costituirsi di un gruppo, l’affetto, il conflitto, l’incontro, lo scontro, possono essere compresi ed elaborati in un “ambito protetto”, favorendo l’accelerazione del processo di miglioramento, di consapevolezza e di crescita.
I giochi di ruolo Cliente-Coach-Osservatore sono uno strumento didattico fondamentale per l’apprendimento diretto delle capacità di conduzione delle sessioni di Coaching.
L’allievo-Coach si alterna in ciascun ruolo sotto la supervisione dello Staff e dei trainer e con il sostegno, la partecipazione e il feedback del gruppo, ha la possibilità di esplorare dal vivo i diversi “mondi” con le loro profondità, interrelazioni e sovrapposizioni.
In questo modo, attraverso il “fare vera esperienza”, la crescita personale e quella professionale hanno modo di fondersi in un unico processo didattico, creativo e generativo.
Schematicamente gli obiettivi formativi riferibili a questa seconda fase sono:
- Imparare ad ascoltare attivamente se stessi e gli altri;
- Essere presenti a se stessi e focalizzati sul compito;
- Essere capaci di seguire un continuum di consapevolezza, percependo e differenziando i pensieri, dai sentimenti e dalle sensazioni;
- Essere empaticamente sensibili ai bisogni, ai processi e alle proprie modalità di comunicazione/relazione, riconoscendo anche quelle dell’altro (o del gruppo);
- Riconoscere e identificare le emozioni, le interruzioni del processo di contatto, l’Inner Game, le interferenze interne ed esterne e imparare a rispondere a queste in modo adeguato;
- Esplorare le dinamiche relazionali soddisfacenti e conflittuali;
- Favorire l’apprendimento creativo;
- Condurre in maniera fluente il dialogo di Coaching rispettando il metodo, le fasi del processo e del rapporto di Coaching;
- Individuare e valorizzare il Talento, le Virtù e le Potenzialità personali;
- Imparare a raggiungere obiettivi di miglioramento concreti attraverso precisi piani d’azione e tecniche specifiche.
Fase 3: Studio-Trasferimento (Application)
E’ una fase cruciale perché segue e rafforza il lavoro esperienziale svolto in aula nella fase precedente.
Dura 2 mesi ed è caratterizzato da un contenuto didattico di stampo teorico molto rigoroso. L’allievo è sostenuto da una logica di apprendimento basato sullo studio, sul “fare Coaching” e sul tutoraggio e l’affiancamento online da parte dei Tutor della Scuola.
In questa fase si analizza come l’allievo-Coach riesca a trasferire quanto appreso. L’obiettivo è, nel contempo, valutare la “trasformazione” della formazione teorico-esperienziale “nel lavoro pratico”, verificando quali cambiamenti nel comportamento personale e/o professionale sono derivati dalla formazione in aula. In pratica viene misurato l’effettivo utilizzo nel contesto personale e professionale delle conoscenze, delle capacità che sono state acquisite durante l’attività formativa. A volte accade che nonostante si sia registrato un elevato “learning” da parte dell’allievo-Coach, vi sia poi una scarsa “application” di quanto appreso. La valutazione di questo aspetto viene, molto spesso, realizzata somministrando test in itinere a distanza di 30/45 giorni, in quanto con il passare del tempo, gli allievi hanno modo di mettere in pratica le nuove abilità e conoscenze apprese in aula. I risultati ottenuti, presidiati dai tutor, consentono di rivedere e rimodellare l’intervento formativo in modo da migliorare piani d’azione e performance.
Il materiale didattico affidato all’allievo e i supporti tecnologicamente più avanzati (audio, video, ecc.) hanno un’importanza fondamentale per facilitare la formazione a distanza.
Durante questo importante periodo, infatti, i tutor affiancano gli allievi-Coach nella rielaborazione dell’esperienza formativa e nell’approfondimento di tutti i contenuti tecnici, teorici ed esperienziali appresi in aula durante la prima fase.
Il tirocinio didattico svolto con Clienti reali, sostenuto da una costante attività di supervisione, consente di familiarizzare, incontrare e confrontarsi su tutte le sfaccettature del “fare Coaching a livello professionale”.
Fase 4: Risultati (Results)
A questo ultimo livello si valuta l’impatto che ha avuto la formazione nella vita dell’Allievo-Coach.
Quest’ultimo prima di ricevere le Credenziali per l’iscrizione all’Associazione di Categoria, deve sostenere un “test di fine Corso”.
Attraverso l’esperienza diretta e l’attività di Mentoring, l’allievo giunge alla fine del percorso e può richiedere l’iscrizione all’Associazione Coaching Italia (per ricevere un attestato in base alla legge 4/2013).
Per concludere… sul come non si possa assolutamente diventare Coach in una settimana!
Credere nei propri sogni e investire su se stessi è un’altalena di sentimenti.
Non si ottiene tutto velocemente o con facilità, ma se hai veramente qualcosa da offrire agli altri, allora la cosa più giusta da fare è cominciare ad abbinarla alla propria vita, giorno dopo giorno, nella quotidianità, prima che nella mission professionale.
Inventare qualcosa che non esisteva, creare e decidere quale strada professionale intraprendere, aiutare gli altri, mi fa provare una sensazione di completezza, comprensione e soddisfazione che niente e nessuno riesce a darmi.
Ho sempre amato “creare”, produrre nuove soluzioni e l’ho sempre fatto in svariate forme, anche urlando il risultato.
Qualcuno la chiama ambizione, altri presunzione, io la chiamo semplicemente “trovare soluzioni funzionali” ad un modo di essere e di fare.
Sì, perché quando ho capito che il mio desiderio più forte era quello di creare una vera e propria esperienza di Coaching che metta a disposizione competenza, passione, divertimento e coinvolgimento, mi sono sentito realizzato. Probabilmente, l’unico modo per far avverare i sogni è scriverli, pagina dopo pagina e non abbattersi quando la scrittura si rilassa un po’.
Non si diventa Coach in una settimana anche perché chi non affronta mai le avversità, non conosce fino in fondo la propria forza!
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