Impariamo ad accogliere l’altro, consapevoli che chi accoglie un pensiero non riceve qualcosa, ma qualcuno. Il Coach basa la sua attività sul donarsi agli altri e sul vivere in armonia con gli altri.
Provare la gioia di sostenere un individuo passa attraverso il gioco del “dare” e del “ricevere”. Ci avevi mai pensato?
Su questo tema m’interrogo centinaia di volte e tra tutte le domande possibili ce ne sono un paio che più di altre sono ricorrenti nei miei pensieri: che cos’è che ci fa allontanare dalla nostra natura empatica? Cosa ci fa acquisire uno stile comportamentale aggressivo e, in alcune situazioni, addirittura violento?
Il mio interessamento al tema “dare/ricevere” ha avuto inizio tanti anni fa, quando iniziai a frequentare aule formative di ogni genere. Il tema, infatti, è rintracciabile in moltissime professioni basate sulla relazione d’aiuto e sul miglioramento delle relazioni.
In verità, dopo tanti anni, non ho ancora trovato tutte le risposte… mi sento un novello cercatore governato da un insaziabile interessamento di fare nuove scoperte e nuove sperimentazioni.
Intendiamoci, lo spirito che scuote la mia curiosità è dettato da un mix d’interessi personali e professionali che negli ultimi anni è diventato sempre più pretenzioso; una forma di rispetto nei confronti di chi frequenta i miei corsi.
Imparare ad Accogliere l’altro: la formazione è utile?
Del resto formare Coach Professionisti mi porta a fronteggiare molte situazione in rapporto a ogni tipo di persona; come per esempio affermati trainer (che arrivano ai miei corsi dopo aver svolto decine di seminari sul tema) o bravi professionisti come i tanti psicologi, counselor e psicoterapeuti. Certo, è facile intuire la complessità del tema, ma non va sottaciuta la straordinaria opportunità di arricchire la propria vita. Nella mia visione delle cose fare esperienza, formazione, imparare, esercitarsi ad accogliere l’altro, solleva tutta una serie di vicende personali, professionali, relazionali sui quali è utilissimo mettersi in gioco e confrontarsi.
Accogliere l’altro partendo da sé stessi: esempi concreti.
Partiamo dagli aspetti semplici… la punta dell’iceberg è rappresentata dal linguaggio e dalla capacità di ascoltare. Insieme sono senza dubbio alla base di ogni scambio relazionale di qualità.
In fondo pensateci: “diamo” agli altri attraverso la comunicazione e “riceviamo” attraverso la capacità di ascoltare gli altri.
E’ proprio dopo questo “semplice” concetto che la comprensione lineare s’interrompe per dare spazio a una serie di complesse ramificazioni che toccano l’essenza più profonda degli esseri umani. Già, l’essenza… un termine sfuggente, utile a circoscrivere qualcosa di schivo e particolarmente difficile da comprendere; una zona d’ombra che molto spesso stentiamo a inquadrare e a riconoscere compiutamente.
Del resto imparare le regole della comunicazione efficace e dell’ascolto attivo è abbastanza semplice. Scoperte alcune caratteristiche fondamentali (di tipo tecnico e teorico) non è difficile trovare persone (e professionisti) capaci di rispettare quello che considero il primo tassello per costruire una relazione efficace e soddisfacente. Ma non basta… i problemi nascono proprio quando l’obiettivo è spingersi un po’ oltre.
In questo caso entra in gioco una serie di fattori complessi, primo tra tutti è la capacità di “accogliere” l’altro.
Eh già, avete capito bene: mi riferisco alla capacità di accogliere un individuo diverso da noi e alla capacità di concedere uno spazio d’azione all’interno del nostro mondo sospendendo giudizi e pregiudizi; credetemi, non è certo semplice.
Già! Non è semplice perché bisogna attivare una serie di comportamenti e sentimenti, che puntualmente sono inficiati dalle nostre “interferenze”, dai nostri bisogni e dalle nostre emozioni (spesso inconsapevoli).
Accogliere l’altro partendo dalla diversità.
Cerchiamo di chiarire il problema: la possibilità di accogliere l’altro passa attraverso l’ospitalità, l’offerta incondizionata di uno spazio e di un tempo, ma anche attraverso la capacità di riconoscere le nostre emozioni, il nostro corpo, le nostre reazioni automatiche.
Per “fare vera accoglienza” si deve partire dalla consapevolezza che chi ci parla (affidandoci parti di sé) lo fa attraverso un proprio valore e un proprio bisogno, con il quale bisogna imparare a fare i conti. Solo riconoscendo tali processi avremo la possibilità di “incontrare” chi ci sta parlando e stabilire con lui una comprensione profonda (logica ed emotiva) basata sulla vera empatia.
Accogliere, quindi, vuol dire riconoscere e giudicare legittime le diversità; accogliere vuol dire avere la capacità di fare spazio e ospitare quello che ci sentiamo di condividere o, nel caso contrario, accettare, con amorevole rispetto, che per l’altro abbia un senso.
Insomma, per accogliere veramente qualcuno è necessario porre in essere una politica di vita diversa, e quindi la famiglia, le amicizie, i rapporti professionali cessano di attingere dal “modello tradizionale”. Le persone vengono trattate con il giusto rispetto e il diritto di essere unici e irripetibili viene puntualmente ascoltato, ritenuto legittimo e infine accolto.
Concludendo: una persona capace di accogliere basa le proprie relazioni su una reciproca espressione delle emozioni, concede senza timori la libertà di seguire la propria rotta, le proprie scelte e i propri piaceri.
Accogliere l’altro significa dare spazio all’altro: tutto questo è un dono.
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