Ti sei mai chiesto quali sono le differenze tra il Mentoring e il Coaching? Hai mai cercato di far chiarezza tra i due metodi?
Nel racconto dell’Odissea, Mentore era l’amico fidato e consigliere di Ulisse, al quale quest’ultimo affidò suo figlio Telemaco per prepararlo alla vita e al suo futuro ruolo di re.
Oggi affidiamo l’appellativo di Mentore a persone che da un lato dimostrano di saper dare consigli, dall’altro vengono considerati i depositari di un certo “sapere” e di una certa saggezza. Il termine Mentore oggi significa consigliere fidato, guida saggia, precettore.
A tal riguardo esistono specifiche definizioni: “Un mentore è semplicemente colui che aiuta qualcun altro a imparare un qualcosa che altrimenti avrebbe appreso meno bene, più lentamente o solo in parte se fosse stato solo”.
“Fare Mentoring”, quindi, è l’attività specifica di aiutare le persone a ottenere uno sviluppo personale e professionale attraverso un processo di apprendimento che è fondato sul dare consigli, elargire informazioni, raccontare esperienze vicarie.
Mentoring come metodo
Il Mentoring quindi è un metodo relazionale tra un soggetto con più esperienza e un “allievo” che ha per obiettivo far sviluppare nuove e più ampie competenze.
Tra Mentoring e Coaching vi sono delle caratteristiche comuni. In entrambi i metodi, infatti, vi è un largo utilizzo dell’ascolto attivo che viene considerato uno strumento basilare per la strutturazione di una indispensabile relazione efficace.
Esistono poi degli aspetti comuni ai due metodi dove viene messo l’accento sulla capacità di:
- comunicare efficacemente e gestire una relazione soddisfacente
- imparare e scoprire cose nuove
- imparare a fare bene le cose rispettando ruoli, mansioni e responsabilità
- raggiungere obiettivi.
Coaching e Mentorship: modelli di relazione a confronto
Il Coaching e il Mentoring sono due metodi fondati su un modello di relazione efficace, e quindi, quest’ultima, diventa un mezzo di supporto per gestire il processo e il percorso di sviluppo.
Entrambi i metodi si concentrano su una concezione della persona come empowered, cioè capace di sviluppare attraverso le proprie risorse la consapevolezza di sé e l’autonomia.
Ma quali sono le differenze sostanziali tra Coaching e Mentoring?
Negli ultimi anni il proliferare di nuovi modelli e di nuove tecniche nonché l’apporto di nuove e antiche filosofie, hanno favorito una certa confusione tra i due metodi. E’ sufficiente fare una ricerca su Google per scoprire un grande disordine di idee e definizioni.
Del resto anche nell’ambito della letteratura scientifica esiste una certa mescolanza che di certo non aiuta chi desidera approfondire le due discipline.
Spesso il Coaching viene proposto addirittura come un sottoprodotto del Mentoring che personalmente non mi sento di condividere.
Ad esempio…
Il fatto che per sottolineare le differenze in molti si raccolgano sull’affermare che il Mentoring aziendale si concentra su obiettivi più ampi rispetto alle possibilità del Coaching, riferendosi ai ruoli e allo sviluppo della carriera, mi appare assolutamente erroneo; questa, a mio modesto parere, è una grande ingenuità culturale che non aiuta a tracciare l’esatta differenza tra le due discipline. Chi dice e dove sta scritto che il Coaching non può concentrasi su obiettivi di ruolo e di carriera?
Si tratta solo di commissionarlo… e di trovare un bravo Coach… quello dello sviluppo della carriera non è pur sempre un obiettivo?
Certo, per mia esperienza diretta posso sostenere che moltissime aziende sono più sensibili alle performance, agli obiettivi di breve periodo (in termini di fatturato e volumi d’affari) che agli sviluppi di carriera e quindi il problema non è della disciplina, ma da come questa intende essere utilizzata nella cultura aziendale.
Oggi in molte aziende esiste un problema culturale che nasce dal come vengono concepiti i rapporti interpersonali e come vengono valorizzate le Risorse Umane.
Si tratta, in altre parole, di valutare attentamente su cosa l’Azienda desidera concentrarsi e su cosa si desidera porre il focus del miglioramento.
Mentoring: come, quando e perché preferire il Coaching
Nell’eccezione tradizionale il Mentoring permette ad un individuo di seguire (replicandolo) il percorso e il piano d’azione di un collega più anziano e con più esperienza… una sorta di “ti spiego come ho fatto io… e tu lo rifai!” oppure: “…fai così perché io mi sono trovato bene!”
E’ proprio questa “modalità di replica” e di prescrizione che mi rende perplesso.
Un collega anziano può trasmettere la sua conoscenza e la sua padronanza invitando la persona a ripercorrere lo stesso iter processuale e di apprendimento, ma non potrà avere assolutamente nessuna certezza essendo un’altra persona a percorrere il cammino. E’ la questione di “modello” e di “scarto dal modello” che non convince per niente.
In un processo di Coaching il Coach (che non è un esperto della materia in cui agisce la relazione) non impartisce lezioni e non può impartire ricette più o meno prescrittive. Il Coach, quindi, non può incorrere nell’errore di comportarsi come un leader battistrada e tantomeno come un modello. Un Coach è consapevole dell’unicità dell’individuo e rimarrà concentrato unicamente sulle Potenzialità personali.
Nell’azione di Coaching, quindi, il cliente rimane vincolato ad un processo di apprendimento nel quale il ruolo è quello dell’essere unico, inimitabile, responsabile, completamente focalizzato sui suoi obiettivi.
Il ruolo del Coach in questa visione è straordinariamente secondario e marginale. E’ una questione di protagonismo e, tutto sommato, pensando al Mentoring, non sono ancora riuscito a trovare risposte a questo quesito.
A me quando si parla di impartire lezioni e dare “saggi consigli” mi viene da pensare ad una relazione prescrittiva che manca di un elemento fondamentale: l’autorealizzazione.
Cosa dovrebbe spingere la persona a migliorare? Quali sono i (suoi) buoni motivi per rispettare tabelle prescrittive e ricette magiche per migliore e conseguire i suoi obiettivi? E ancora… gli obiettivi sono veramente i suoi?
Abraham Maslow definiva l’autorealizzazione come il bisogno di ogni individuo di “diventare ciò che si è capaci di diventare” e di “attuare le proprie migliori Potenzialità”.
Nel Coaching l’autorealizzazione è la capacità di conoscere, esprimere e sviluppare il nostro essere interiore; la parte più profonda di sé.
Tutti noi, infatti, possediamo Potenzialità uniche che fondendosi con le conoscenze, le abilità apprese, rendono l’individuo pronto alla completa espressività…a qualsiasi miglioramento.
E allora… cosa preferisci il Mentoring o il Coaching?
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