Come maturare Consapevolezza, Responsabilità in Azienda… ed essere felici
Il Business Coaching è solo una delle diverse declinazioni del Coaching.
La sua principale differenziazione è funzione non solo del metodo, ma anche del contesto specifico in cui viene applicato: l’azienda.
Il ricorso al Business Coaching in azienda non fa altro che aiutare il dipendente, il manager, l’imprenditore, a “spostarsi” da un punto certo, che è quello riferito ad una specifica parte della realtà aziendale di partenza, a uno di arrivo. Il riuscire a “giungere a destinazione” vuol dire, nella sua espressione metaforica, approdare in una condizione di stato desiderato, ovvero in una condizione che genera felicità.
Ebbene la felicità che, secondo me, il Business Coaching contribuisce a conseguire, mette il manager nella condizione di acquisire la “consapevolezza” che, nella definizione della prestigiosa psicologa Ellen Langer, “…è il processo che consiste nel notare attivamente nuove cose. Quando lo fai, ti immerge nel presente. Ti rende più sensibile al contesto e alla prospettiva. È l’essenza del coinvolgimento. E produce energia, non la consuma”. Felicità del manager, quindi, come acquisizione di maggiore consapevolezza.
Se partissimo dal Business Coaching dovremmo domandarci: consapevolezza nei confronti di cosa?
Se, per esempio, ci soffermiamo sull’importanza della relazione a livello aziendale, si può riflettere su come siamo molto spesso portati ad etichettare i nostri collaboratori (e non solo).
Il risvolto negativo di questo modo di fare è riscontrabile nella impossibilità di generare una relazione con l’altro che si potrebbe definire costruttiva.
La consapevolezza di contro, metterebbe il manager nella condizione di comprendere meglio quale sia il motivo che ha indotto l’altro a comportarsi in un determinato modo. Un modo per arrivare ad un apprezzabile livello di consapevolezza che, di riflesso, mi aiuterà a farmi sentire più felice, è quello di ipotizzare che i nostri pensieri siano del tutto trasparenti.
Se così fosse, quanti di noi si esprimerebbero in maniera negativa nei confronti degli altri?
Forse per i più la risposta è retorica, ma in questi casi saremmo più propensi a metterci nella condizione di capire il punto di vista dell’altro che, in un certo momento, ha assunto un atteggiamento che ci ha irritato (un dipendente che non rispetta i tempi previsti di redazione di certi documenti, una riunione in cui non si è riusciti a “sponsorizzare” un progetto a cui si teneva particolarmente, un avanzamento di carriera desiderato non arrivato, un budget non centrato, ecc.).
L’irritazione nel mondo del lavoro (e non solo) è sicuramente una delle causa di offuscamento della felicità del manager. Essa genera stress e, a ben guardare, quest’ultimo non è funzione dei fatti “irritanti” che ci possono capitare, quanto del modo che abbiamo di vedere questi stessi fatti. In altri termini il nostro cambiamento di umore si viene a materializzare in quanto nella nostra mente riteniamo che un certo fatto irritante possa avere gravi conseguenze per la nostra vita lavorativa.
A ben guardare stiamo dando un peso eccessivo alla visione, ovvero offriamo alla previsione che stiamo elaborando, solo nella nostra mente, l’occasione di trasformarsi da illusione a realtà. Un modo pratico per riappropriarsi della consapevolezza quale grimaldello della felicità, è suggerito dalla Langer secondo la quale al fine di convincerci che non abbiamo alcuna possibilità di avere la meglio sulle previsioni, basterà darsi cinque ragioni plausibili secondo le quali l’evento che ci ha irritato non avrà ripercussioni “catastrofiche” sul nostro lavoro. Dopodiché sarà opportuno anche identificare altre cinque ragioni, altrettanto plausibili, secondo le quali, al verificarsi di una qualche forma di ripercussione negativa nel nostro lavoro, le stesse siano concretamente una opportunità. Questo semplice esercizio è un modo per non perdere il diritto che abbiamo di essere felici anche nel lavoro; si passerà dal pensiero-tipo “accadrà sicuramente” ad uno che, invece, suona così: “forse accadrà e, comunque, se anche fosse, me la caverò brillantemente”.
Detto in altro modo, la Langer suggerisce che solo aprendo le nostre “opinioni alla consapevolezza, lo stress se ne va”, ancora più chiaramente dichiara che “la consapevolezza ti aiuta a renderti conto che non ci sono risultati positivi o negativi.
Ci sono i risultati A, B, C, D e via dicendo, ognuno dei quali ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi”.
È evidente che nell’ambito di un’organizzazione complessa come l’azienda, la volontà di perseguire una generalizzata condizione di felicità non dipende solo dalla performance di uno o più manager.
Molto importante è anche il sostegno di una risposta proattiva, autonoma ed entusiastica dell’organizzazione nel suo complesso la quale, dal canto suo, metta le persone in condizione di esprimere le proprie potenzialità.
In altri termini il diritto alla felicità del singolo sarà completamente rispettato solo nel momento in cui l’organizzazione aziendale lavorerà contemporaneamente sulle motivazioni e le aspettative delle singole persone chiamate a lavorarvi.
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