Quanto ti manca per fare Centro… con la gravità?
In una delle ultime giornate di formazione della Scuola specialistica di Sport Coaching, ho affrontato un tema che ha destato particolarmente interesse sui partecipanti: il punto di equilibrio, il centro di gravità fisico di un atleta.
Di cosa si tratta e a cosa serve la centratura corporea?
Forse non molti sono a conoscenza del fatto che una delle parti più importanti del corpo umano, quella che consente di essere centrati ed in perfetto equilibrio, è rappresentata dal basso ventre. Nella cultura orientale ed in molte discipline marziali, la parte del basso ventre (circa 5 cm sotto l’ombelico) viene denominata hara e rappresenta il concetto della centralità dell’individuo, ovvero uno degli aspetti fondamentali per essere ed agire con equilibrio. Inoltre, la stessa importanza al basso ventre ed alla sua centralità, costituiscono uno degli aspetti fondanti di altre discipline quali la bioenergetica e la mindfulness.
Non sarà, infatti, un caso che il basso ventre costituisce il centro della vita, ovvero la parte fisica dedicata al concepimento, il punto in cui tutto ha origine. L’essere centrato, per un atleta, vuol dire acquisire consapevolezza del proprio corpo, ovvero portare un’attenzione focalizzata al proprio respiro, alle proprie tensioni, ai propri meccanismi reattivo-emozionali.
Essere centrati e presenti al proprio corpo vuol dire ancorare la propria mente al corpo e farli divenire un unicum nello stesso luogo e nello stesso momento. A cosa serve tutto ciò?
L’utilità è facilmente intuibile: focalizzare la propria attenzione alle sensazioni corporee permette di “distrarre” la mente dalla moltitudine di pensieri che la affollano ed ottenere una migliore capacità di concentrazione generale. Attraverso l’attenzione focalizzata sulla respirazione, inoltre, si ottiene una migliore capacità di rilassamento generale che permette una più efficace mobilità corporea con minor dispendio energetico. Avere un centro di gravità ed esserne consapevoli, corrisponde ad attivare una serie di connessioni neuronali e migliorare le capacità ricettive e sensitive (intendendo per tali quelle corporee) portando, al contempo, un miglioramento delle funzioni psicofisiche generali.
Non desidero limitare questo post ad una mera disquisizione teorica di alcuni concetti e definizioni, bensì riportare una vera e personale testimonianza di questi concetti. Difatti, nella mia attività di triatleta, mi capita spesso di cercare nuove soluzioni per migliorare le mie capacità psicofisiche ed ottenere dei miglioramenti prestativi. Ciò mi consente di sperimentare, in prima persona, ciò di cui parlo e i risultati che ne scaturiscono da un’applicazione concreta e non solo teorica.
Affrontando delle gare di endurance, nelle quali sia il fisico che la mente vengono portati agli estremi, mi sono reso conto di quanto sia importante avere una migliore consapevolezza del mio corpo, delle sue componenti organiche e delle sue risposte.
L’osservazione e l’ascolto delle sensazioni corporee, unite ad una consapevolezza su pensieri, emozioni e sentimenti, mi ha consentito di gestire competizioni con un elevato grado di difficoltà, ottenendo un maggiore equilibrio sia dal punto di vista razionale che emotivo.
Noi siamo il nostro corpo e la nostra mente: conoscerli a fondo ci consente di agire in maniera più efficace per il raggiungimento degli obiettivi che ci prefissiamo.
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