Siamo nell’era digitale e dei social media e proprio per questo motivo la Web Identity per Coach assume un ruolo centrale in ogni comunicazione.
Da qualche mese, quando mi capita di osservare determinate pubblicazioni, post o immagini, non posso fare a meno di domandarmi: quali sono le azioni che un Coach deve “assolutamente” evitare?
Intendiamoci… la Web Identity per Coach è molto importante perché raffigura l’immagine pubblica di una determinata organizzazione, prodotto, azienda o individuo; in effetti, riportandone la storia, in qualche misura, ne determina anche la reputazione.
Di seguito alcuni consigli per una corretta promozione di se stessi e della propria web identity:
- Al primo posto c’è una parola magica: “coerenza”
Un Coach è innanzitutto un Professionista che riceve un tipo di formazione in linea con specifici principi e valori. Qual è il motivo che spinge alcuni Colleghi a proporre una comunicazione generalista, spesso sciatta e irrispettosa di questi principi? Un esempio? Uno dei valori fondamentali che un buon Coach dovrebbe rispettare è quello di distinguersi per integrità, onestà e sincerità. Siamo proprio sicuri che la comunicazione spesso attivata sul web sia conforme a questo sacrosanto principio? O piuttosto si assiste a uno sbandieramento di buoni valori a cui poi non viene data corrispondenza nella pratica delle cose, soprattutto nelle relazioni e nelle scelte?
- Scimmiottare colleghi o professionisti affermati nel mondo della formazione.
E’ la tentazione cui molti non sanno resistere. L’istinto di imitazione, però, si addice più a personalità fragili e problematiche che a figure destinate al successo.
L’identità, l’affermazione del proprio personal brand e soprattutto la personalità non si acquistano al mercato e neppure per imitazione altrui. Personalmente ho sempre deprecato la sindrome del gregge e poi, per dirla a chiare lettere, copiare e scimmiottare produce risultati disastrosi. I più grandi esperti di comunicazione e marketing insegnano che alla base del successo professionale ci sono la storia personale e le caratteristiche peculiari del singolo, non surrogabili da logiche riproposte con lo stampino o con l’uso sconsiderato di modalità di espressione che appartengono a professionisti da tempo affermati nel mondo della formazione.
Siamo unici e irripetibili. Forse qualcuno l’ha dimenticato? Non è solo una frase fatta…bisognerebbe dare ad essa un risvolto concreto e tangibile.
- Tentare di spiegare cosa è il Coaching traendo spunto (leggi: copiando) da fonti altrui.
Questa è la più divertente.
Un’altra della serie: siamo tutti unici e irripetibili!
La domanda che guida il mio pensiero è: come si può pensare (o sperare) di spiegare il Coaching mediante brevi pubblicazioni, frasi incomprensibili per la maggior parte del pubblico e link al proprio sito o blog?
La cultura si trova nelle aule serie, la formazione di Coaching non è la crescita personale, né una forma mascherata di consulenza. Non basta scrivere due frasette messe insieme senza un filo logico e totalmente prive di base culturale per trasmettere il valore del servizio reso da un Coach Professionista. Non funziona così. Occorre metterselo bene in testa.
E poi basta andare sui social e su alcuni siti e cosa si trova?
Le spiegazioni tecniche derivanti dal sapiente “copia e incolla” da manuali, libri o pubblicazioni di colleghi molto noti e formatori d’esperienza.
E non solo. Trovo immagini di copertina, bacheche e sfondi corredati da frasi appartenenti ad altri (esiste la condivisione, munita di citazione della fonte…è più elegante e soprattutto più veritiera!).
Ora, anche a voler sottacere che la pratica è scorretta sia sotto un profilo morale che legale, mi chiedo come un valido Coach non desideri ardentemente affermare se stesso e la propria unicità.
Proprio non lo capisco.
Volete divulgare il Coaching? Iniziate dal curare il brand e i vostri contenuti, magari usando immagini e termini appropriati, producendo qualcosa che sia farina del vostro sacco e che assomigli all’operato di un Coach degno di questo nome… ne trarreste beneficio voi (e ne trarrebbe beneficio il mercato).
- Cercare di attirare l’attenzione con frasi “ad effetto” (magari scopiazzate da altri)
La pratica degli aforismi ha inondato il web.
E tanti Coach si sono fatti prendere la mano.
Anche in questo caso valgono, a mio avviso, considerazioni già rese al punto precedente. La disfunzione non sta nello scrivere frasi, ma nel “copiare” e cercare disperatamente un effetto “like” che nella maggior parte dei casi è generato da due fonti che cercherò di semplificare al massimo.
Prima fonte: la “supercazzola”.
E’ quella più diffusa, la più amata dalla massa, fa riferimento a frasi fatte e tenta di spingere sui buoni sentimenti, su speranze vane e valori solo millantati. A volte spinge sul denaro e su mete idilliache quanto inesistenti. Ha però un difetto: ha vita corta, a breve crea stanchezza e noia e fa apparire chi la usa come uno “sfigato”. Altro difetto: se colui che la usa non ha una struttura professionale e/o aziendale adeguata, non saranno le frasette “supercazzolate” a farlo apparire come un serio professionista.
Seconda fonte: la frase originale, creata dal Coach. Eh…lo so, questa (per i più) è difficile, per alcuni addirittura impensabile. Eppure basterebbe un tocco di originalità e di amor proprio per divulgare materiale meno scontato di quello che spesso vedo imperare sul web.
- Usare nomenclature e termini “qualunquisti” che non si addicono alla professionalità di un Coach
La professionalità e le capacità non albergano nei termini altisonanti e commerciali. Qual è l’elemento che conduce molti Colleghi a definirsi “Mental Coach”… “Personal Coach”…. ed altro che non sto ad elencare? Coach Professionista non è sufficiente? Non è che, sotto-sotto, c’è chi cerca di apparire quello che non è e di proporre quello che non possiede facendo leva sul termine che “fa figo”? Mi sorge il dubbio…
La norma tecnica UNI sul servizio è già stata pubblicata, quella sulla professione è in itinere… speriamo che tutto questo serva a fare chiarezza e ad arginare modalità comunicative distorte.
Il mercato del Coaching è già ampiamente inquinato da comunicazione commerciale spesso ingannevole o comunque foriera di confusione, l’abitudine di usare termini strani adoperata da alcuni Coach non migliorerà di certo la situazione generale. E, lasciatelo dire, neanche quella personale di questi colleghi. Non ci si afferma grazie all’uso di questi termini, chi si è fatto questa idea sarà costretto ad abbandonarla al più presto, le modalità per il successo sono altre.
- Fregiarsi di titoli professionali o di competenze non corrispondenti alla realtà e/o vantare certificazioni inesistenti.
Quella del Coach è una professione non regolamentata da ordini professionali, è sufficiente leggere attentamente la legge 4 del 2013 per averne piena cognizione. Ad ogni Professionista è demandata la scelta della formazione da ottenere, ma questo non significa poter millantare competenze che non si possiedono.
Esistono corsi ove tali competenze vengono trasferite e comunque usare titoli inesistenti o vantare competenze specifiche per attrarre clienti è una pratica che si sgonfia presto (i clienti non sono sciocchi…si accorgono presto di come stanno le cose nella realtà).
Stessero attenti soprattutto i Coach appartenenti ad associazioni di categoria, perché tale malsana abitudine cozza con il codice di condotta e con la carta dei valori, dunque integra gli estremi per l’irrogazione di sanzioni disciplinari.
Inoltre…vedo spesso Colleghi che parlando o scrivono di certificazioni! “Coach certificato”??? Da chi?
Facciamo un po’ di chiarezza, anche alla luce della norma tecnica UNI sul servizio di Coaching pubblicata oltre un mese fa. La legge 4 del 2013 fa riferimento all’attestato di qualifica professionale, documento rilasciato solo da Associazioni di Categoria all’esito di un percorso formativo dotato di credenziali. L’attestato NON è un certificato. Come mai alcuni Coach che hanno ottenuto l’attestato usano nella loro comunicazione (sul web e altrove) il termine “certificato”?
L’unica certificazione che mi viene in mente è quella di conformità alla norma tecnica UNI sul servizio, documento che va rilasciato da appositi organismi di certificazione a ciò preposti (che non sono le Associazioni di categoria, ovviamente).
Ultima riflessione: nessuna attestazione o certificazione potrà mai costituire la base solida della comunicazione utile ad un Coach Professionista. Sarebbe forse il caso di acquisire competenze commerciali e di marketing di alto livello, anziché sperare di ottenere fatturato e clienti usando i “documenti” o ciò che non esiste.
- Pubblicare foto improbabili e di scarsa qualità o confezionare video “home made”
Tutto comunica… foto e video in primis.
Un buon Coach Professionista dovrebbe imparare questa regola che costituisce un vero e proprio assioma. E da ciò far derivare una considerazione: come si può credere di ottenere il successo pubblicando foto di scarsa qualità e video confezionati in casa in modo approssimativo, magari infarciti di contenuti di bassissimo valore?
La coerenza sta anche e soprattutto nell’uso che si fa della propria immagine e del proprio brand. Questo vale per il web come per la vita di ogni giorno.
Faccio quello che sono, pubblico quello che sono: questo dovrebbe essere il principio cui un Coach serio e preparato dovrebbe ispirare la propria condotta e la propria comunicazione.
Vedo sbandierare (a parole) autenticità, coerenza e competenza in tutte le salse da molti Colleghi… poi trovo profili mal curati e gestiti, tra il privato e il professionale, nel peggiore dei modi. C’è un modo di comunicare usando le foto, un altro per girare e divulgare video.
E soprattutto…occorrerebbe farsi alcune domande: a cosa è utile o a chi è utile ciò che si comunica? Come viene comunicato? Tutto questo è coerente con la propria volontà di trasmettere un’immagine professionale?
Anche in questo caso la domanda finale è: sarebbe forse il caso di acquisire competenze specifiche?
- Essere “allergici” al marketing
Che senso ha comunicare in modo poco professionale senza dotarsi di specifiche competenze di marketing? Il marketing, se fatto bene e in modo serio, non è lo spauracchio da cui prendere le distanze o da temere. E’ il marketing scorretto e ingannevole ad essere contestabile, quello che si impara nelle giuste sedi e senza i clamori del palcoscenico è invece utile e direi indispensabile per un Coach.
Chi non si accorge di questa semplice verità è destinato a restare nell’ombra. Ci si adegui o ci si rassegni a questa dura e immutabile realtà.
- Scrivere o parlare una lingua italiana “improvvisata”
Tutto ciò che ho scritto sinora, ovvero…il marketing ben fatto, la comunicazione curata nei dettagli, le foto belle e di ottima qualità, i video interessanti e ben confezionati resterebbero sullo sfondo se non accompagnati da un primo, unico e insostituibile strumento: la lingua italiana parlata e scritta in modo corretto!
Ora, potrebbe sembrare un’evidenza superflua. Ma non lo è!
Basta leggere qualcosa su alcuni profili social o siti per rendersene conto.
Si può cercare di trasmettere contenuti interessanti, ma un post, così come una mail o un sito contenenti frasi sgrammaticate o termini inesatti producono solo risultati scadenti, fornendo un’immagine poco professionale.
Non si può improvvisare la lingua italiana!
- Inseguire l’eldorado millantato da terzi (non esiste!)
Concludiamo con la prassi che ultimamente risulta maggiormente in voga: inseguire l’eldorado promesso da altri.
Non è partecipando all’ennesimo corso o seguendo l’ennesimo Formatore che si costruiscono la propria professione, la propria identità e il proprio successo!
Si cerca spesso di trovare all’esterno ciò che non esiste all’interno della persona e dunque del Professionista. Emerge chi lo merita, chi cura la propria comunicazione, chi ama profondamente il Coaching e crede alla formazione seria e al duro lavoro.
Tutto il resto è “fuffa”.
Ora dirò una cosa che a tanti non piacerà: la professione del Coach non è per tutti, occorre farsene una ragione, magari ponendosi domande chiare e volte ad accertare la propria natura, le proprie capacità e la propria volontà di sacrificio.
Non si ottiene il successo scaricando sui social contenuti di basso profilo, né imitando altri, né improvvisando, né inseguendo business altrui o le mete dorate propinate da alcuni.
Il mercato è impietoso. Chi continua a professare di essere qualcosa di difforme rispetto a quello che fa e che comunica otterrà presto la chiara risposta da parte del mercato. E probabilmente non gli piacerà.
Viva le regole della Web Identity per Coach
Federica Palumbo – Coach Professionista, Formatore e Tutor della Scuola di Coaching. Laureata in giurisprudenza, ha lavorato per diversi anni come Direttore Marketing in un’importante Azienda sanitaria. Vanta una profonda esperienza nel settore marketing e comunicazione; ha promosso e curato personalmente la stipulazione di accordi e… continua a leggere
Tag: personal branding, web identity per coach