Scuola di Coaching – Come imparare il Coaching rapidamente in 7 giorni full-immersion e uscire dalla Coaching Confusione?
Una buona parte degli argomenti che vengono affrontati nelle Scuole di Coaching e nel mondo della crescita personale “gravitano” intorno all’idea di ottenere risultati rapidi e duraturi attraverso un processo di apprendimento privo di complicazioni.
Si tenta di far passare per grandi contenuti le piccole scoperte che una persona può fare circa i più comuni comportamenti umani. Si parla di comunicazione, di linguaggio, di relazioni, di emozioni, di obiettivi, ma lo si fa con uno stile prescrittivo che mira a trasferire contenuti ideati per ottenere le agognate “grandi prestazioni”.
Nonostante si parli moltissimo di zona di comfort e nonostante i relatori si sforzino di persuadere le persone (e gli allievi Coach) a “vivere nel tempo presente”, quasi tutti i percorsi mantengono una linea classica basata sull’apprendimento logico e raziocinante. Protocolli, test, schede di valutazione e facili giudizi sono alla base del processo (e della strategia).
Si tratta in poche parole di affrontare il miglioramento personale su un piano mentale, una sorta di comprensione scolastica che dovrebbe determinare grandi cambiamenti e risultati duraturi. Scoprire, capire, conoscere rimangono gli argomenti alla base del processo di apprendimento che intuibilmente non potrà mai produrre risultati apprezzabili.
Intendiamoci, acquisire nuove conoscenze è importante, ma cambiare qualcosa del proprio modo di essere e di fare è ben altra cosa.
Pensaci… che differenza c’è tra leggere un libro o un manuale tecnico sul Coaching e avere di fronte un relatore che spiega la lezioncina dal pulpito?
Per me nessuna, anzi, a volte è meglio studiare che sentir parlare un relatore che offre perle di saggezza o leggere delle slide proposte su un maxi schermo.
Insomma, qual è la differenza tra “conoscere” il Coaching ed “essere” un Coach? Come imparare il Coaching… quello vero e professionale?
Il percorso della Scuola di Coaching, in una prima fase, cerca di contrastare questo stile algido, basato essenzialmente sul piano teorico e si sviluppa nel suo incedere su un piano diametralmente opposto, quello esperienziale.
L’obiettivo è far collassare le proprie convinzioni, il funzionamento ripetitivo, l’incapacità di riconoscere il funzionamento umano attraverso l’esperienza diretta. L’allievo sperimenta, osserva e soprattutto lavora attivamente su di sé. La dimensione dell’essere è alla base dei propri interessi e il sostegno del gruppo di lavoro diventa un contributo di inestimabile valore.
Il percorso (strutturato in una settimana full-immersion e 60 giorni di studio e affiancamento), chiama l’allievo-Coach a guadagnarsi il diritto di definirsi Coach Professionista. Nella mia logica, infatti, c’è tempo per la parte contenutistica che può (e deve) essere affrontata con calma e con le classiche regole dell’apprendimento logico: abbondante studio e una bibliografia di riferimento ben diversa dal solito manualetto accattivante in stile Walt Disney.
Eh già, a molti sembrerà strano, ma la cosa di cui sono più sicuro è la precisa consapevolezza di cosa fa la differenza nel Coaching professionale.
Lo spiegherò in poche parole… Se dessimo per scontato che il Coaching è una relazione processuale basata sull’allenamento e la valorizzazione del potenziale umano e ci soffermassimo sul set della relazione, ci accorgeremmo immediatamente di quanto possa fare la differenza l’integrità del Coach; lui c’è nella relazione e influenza il prodotto della relazione.
Se ragionassimo in questo modo scopriremmo, ancora una volta, che l’essere umano rappresenta il fattore critico per il successo per se stessi e nella relazione con gli altri… e fate attenzione: qui non valgono le incoerenze e neanche le proprie convinzioni d’efficacia, abbiamo a che fare con la vita delle persone e quindi occorre grande responsabilità.
Ecco perché nei miei Corsi per imparare il Coaching amo affermare che il Coach dev’essere necessariamente un individuo integro per meritare il suo ruolo.
Ci andreste mai da un Coach incapace di ascoltare e riconoscere le proprie emozioni? Lavorereste con una persona inconsapevole, incapace di fare delle scelte per la propria vita? Vi affidereste ad un Coach irresponsabile o a una persona che non si prende cura di sé?
Tantissime volte in questo blog ho parlato di Coaching professionale e soprattutto di Self Coaching; nel mio libro Migliora la tua Vita! parlo di felicità e benessere, ma mi rendo anche conto che per ottenere un vero miglioramento personale occorre fare moltissima formazione esperienziale; “sporcarsi le mani” con il proprio modo di essere e di fare… per il proprio vantaggio e soprattutto per il vantaggio del cliente… tutto il resto è formazione da palcoscenico e preferisco lasciarla a chi pone al primo posto il fatto di dimostrare la propria ricchezza, i finti best seller e i corsi a Montecarlo.
Insomma… per imparare il Coaching occorre prima uscire dalla Coaching Confusione che caratterizza l’industria del Coaching italiano.
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