Quale tipo di Formazione di Coaching è indispensabile possedere per avviare l’attività di Coach Professionista? Serve un “Diploma di Coaching”? Qual è il Titolo di studio richiesto? Posso operare solo in Italia? È possibile farlo all’estero? Il Corso è riconosciuto a livello internazionale?
Negli ultimi tempi il settore della Formazione di Coaching è turbato da un’insaziabile inquietudine. La proliferazione di corsi, workshop e seminari sono un segnale evidente del forte interesse sociale. La lenta fuoriuscita dalla crisi economica, il desiderio di migliorare e soprattutto l’aumentato interesse verso la crescita e lo sviluppo personale, hanno prodotto un incremento della domanda di Coaching, della Formazione e dei Corsi professionalizzanti.
Eh già… crescere, acquisire nuove competenze, migliorare le proprie performance personali e professionali, avviare la propria attività nel settore, è diventato un segnale preciso del nostro tempo. In un quadro di questo tipo è, quindi, oltremodo utile possedere precisi strumenti valutativi dell’offerta formativa, partendo dal diffidare delle innumerevoli storture che, disgraziatamente, da alcuni anni affliggono il settore.
Chiarirsi le idee definitivamente sul tipo di Formazione di Coaching
Come detto, in un quadro caratterizzato dai tanti interessi e che offre nel contempo molteplici occasioni e svariati opportunismi, alcune indicazioni che riguardano la formazione di Coaching appaiono indispensabili.
Chiariamolo subito: quella del Coach Professionista rientra, in base alla legge 4/2013, nelle Professioni non Regolamentate. La stessa legge ha favorito la creazione di Associazioni di Categoria su base privatistica equiparate ai più noti sistemi ordinistici. La legge, in poche parole, non riguarda i professionisti; non toglie e non prende, non avvantaggia nessuno, ma cerca di offrire garanzia di tutela al cittadino/utente consumatore.
Coaching: uscire dalla Confusione (e dall’approssimazione)
La confusione che regna sovrana nel settore del Coaching di certo non agevola il corretto orientamento di chi desidera acquisire conoscenze, competenze e abilità di Coaching. La confusione, oltre ad offrire un goffo segnale al mercato, amplifica smisuratamente lo scetticismo da parte dello stesso. In moltissime pagine web è facile trovare inesattezze (più o meno volute) e roboanti “urlatori egocentrici” che cercano di dare credibilità e valore alla propria offerta. Insomma… esiste un esercito di copiatori e manipolatori che cerca di far passare per “formazione di Coaching” qualsiasi genere di evento. In una parola: diffidate!
A tal proposito è utile ricordare cosa non è Coaching
La Formazione di Coaching vive di luci ed ombre. E a tal proposito è utile chiarire che il Coaching non combacia con la PNL. Considerato che la maggior parte dei “formatori” proviene da tale esperienza formativa, occorrerebbe affrontare una lunga trattazione fuori dalla portata di questo post. Ancora… il Coaching non combacia con la psicologia (dalla quale prende le distanze in maniera chiara sia su base filosofica, sia su quella operativa) e non combacia con nessuna logica consulenziale, allontanandosi volutamente da un criterio prescrittivo e direttivo che negli ultimi anni si è dimostrato rovinoso (ovvero fuori dal reale funzionamento dell’essere umano).
Qual è il risultato di un’impostazione che non sceglie controllo, regole e qualità?
Una cattiva formazione di Coaching ottiene un primo infausto risultato. Esso riguarda un pesante impoverimento della credibilità della formazione e di tutta la comunità dei Coach italiani. Chi cerca un Coach (una Scuola o un Corso di Formazione), spesso brancola nel buio e alla fine si ritrova a dover fare delle vere e proprie scommesse sulle proprie scelte. Della serie: che Dio me la mandi buona!
Se sei arrivato a questo punto e cerchi notizie sulla Formazione di Coaching di seguito trovi 5 suggerimenti che ti aiuteranno ad evitare le più comuni fregature del web:
- Evita attentamente chi organizza Corsi di Coaching partendo da un’esperienza soggettiva; quelli che caparbiamente professano il “Coaching secondo me…”. Il Coaching ha una sua specifica collocazione storica, filosofica e operativa e funziona solo se organizzato, spiegato e gestito in maniera “originale”.
- Evita chi sostiene che il Coaching è la panacea per tutti i mali; è solo una grande sciocchezza. Diffida dei trasformisti, dei generatori di performance e di chi desidera propinare “soluzioni strategiche” a buon prezzo.
- Evita le creazioni originali (in questo caso dovremmo parlare di rielaborazioni creative) di piccoli trainer che tentano di far passare il messaggio di aver inventato un nuovo metodo di Coaching, addirittura Rivoluzionario.
- Evita chi non chiarisce in maniera puntuale ed esaustiva il ruolo e/o l’importanza delle Associazioni di Categoria Nazionale, della legge 4/2013 e della Norma Tecnica UNI 11601:2015. ricorda che si tratta di norme e regolamenti disponibili pubblicamente.
- Evita quelli che copiano corsi, contenuti, articoli, pubblicazioni e in molte occasioni, sfociando nel paradosso e nell’incoerenza, parlano male degli altri per avvantaggiare se stessi.
- Evita i piccoli formatori che brandiscono certificazioni, credenziali e diplomi di Coaching (nessun soggetto privato può rilasciare documenti di questo genere).
Un primo chiarimento sulla Confusione
Eh già… un certo grado di confusione è dato dalla “mancanza di perimetri” e di corrette definizioni in materia di Formazione di Coaching. Questo è il risultato di una politica poco attenta agli interessi del cittadino e di chi eroga il servizio. Infatti, la legge 4/2013 (che ha permesso l’istituzione di Associazioni di Categoria), nella sua applicazione pratica, ha offerto una serie di articolati principi che a tutt’oggi sono insufficienti e difficili da interpretare. In pratica la legge si limita a offrire generiche opportunità per la creazione di “comunità professionali controllate” (Associazioni di Categoria Nazionale), favorendo inaspettatamente molte complicazioni sul piano attuativo. In altre parole la legge si è dimostrata incapace di connettersi alla realtà dei fatti e alle necessità sia del cittadino, sia del professionista. Pensate… l’iscrizione a un’Associazione di Categoria rimane un atto facoltativo, volontario e privo di qualsiasi obbligo… come dire: se sei onesto ti iscrivi, se invece sei una persona disonesta ti lascio la possibilità di esercitare la professione in maniera disonesta. Tutto questo sfiora il ridicolo!
La legge 4/2013 che ha regolato le professioni non ordinistiche
La Legge 4/2013 ha stabilito, in estrema sintesi, che un Professionista può esercitare una qualsiasi attività purché non invada la sfera di competenza di una professione regolamentata (nel caso di un Coach è facile pensare alla categoria degli psicologi e degli psicoterapeuti). Insomma, è bene ricordare che la legge 4 non parla di Coaching, bensì di tutte quelle attività che NON hanno un Albo professionale o un Registro ufficiale regolamentato con una legge dello Stato.
La legge recita che, laddove ci siano delle attività attribuite a determinate figure professionali, è necessario possedere specifici requisiti ed essere iscritti obbligatoriamente presso l’Ordine di riferimento per poter esercitare la professione. Tutte le altre attività prive di Ordine o Albo (come nel caso del Coaching), vengono definite “Professioni non Regolamentate”. In queste non si entra mai nel merito della formazione professionale e neanche nei regolamenti.
Del resto anche da un punto di vista fiscale non esistono differenze. Infatti, i regimi fiscali sono quelli validi per tutti i professionisti titolari di partita IVA che hanno un inquadramento contributivo in base alla specifica attività che si andranno a svolgere.
Corsi di Coaching Certificati… da chi?
Con il termine “Coach” si intende in modo confuso e ambiguo un grande “accorpato” di attività che in qualche misura hanno a che fare con il miglioramento della persona e/o di un generico professionista. Come accennato, si va dai trasformisti agli spiritualisti, dagli esperti di marketing a quelli digitali in poche pagine web. Le certificazioni, i diplomi e le attestazioni ingannevoli fioccano come se ci trovassimo difronte a un distributore automatico. A tal proposito è interessante specificare che alcuni termini non potrebbero nemmeno essere utilizzati. Chi lo fa rischia grosso fino ad arrivare a infrangere le regole del Codice del Consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).
L’unica Certificazione possibile
E’ la Certificazione in base alla Norma Tecnica UNI 11601:2015, sul servizio di Coaching. Un Coach Professionista che sceglie di certificarsi in base alla norma UNI 11601:2015 sceglie di elevare i propri standard sottolineando l’impegno e la professionalità con cui eroga i servizi di Coaching. Scegliere una Certificazione di terza parte significa offrire qualità e la garanzia di un servizio il cui esito viene misurato e valutato da un soggetto estraneo.
Un secondo Chiarimento sulla Confusione
Come accennato in precedenza, sotto il termine “Coaching” si possono celare prestazioni professionali caratterizzate da tipi di erogazione diversi con l’impiego di tecniche e discipline anche molto lontane fra loro. Basta pensare all’enorme differenza che passa tra l’approccio trasformista e quello evolutivo, tra quello somatico e quello spiritualista, per fare una prima grossolana distinzione (e separazione) da quello che è fuorviante e non funziona.
Che cosa è veramente importante per il Coaching italiano.
Sarebbe veramente importante analizzare i grossi dubbi che si riscontrano sugli aspetti operativi. In particolare ci si chiede: quale “titolo”, quale “attestato”, quali “credenziali”? Oppure, quante “ore di formazione”, quali “conoscenze, competenze e abilità”? Insomma quale e quanta formazione è necessaria per esercitare la professione di Coach. Finanche la Norma Tecnica UNI 11601 sul servizio di Coaching e quella sulle competenze del Coach (di prossima pubblicazione) non riescono a dare risposte concrete. La prima perché “business oriented”, la seconda perché viziata da una “cultura di Coaching” dozzinale e priva di retaggio.
Le risposte sono semplici e vanno oltre la Confusione
Trattandosi di professione NON regolamentata, non esiste un “titolo” ottenibile a conclusione di un qualche percorso formativo svolto con aziende private. Quest’ultime non permettono il diritto di qualificarsi come “Coach”.
Pertanto, alla luce di questo non esistono:
- Diplomi di Coaching
- Certificazioni di Coaching
- Certificazioni nazionali o internazionali
- Coach Professionisti accreditati
…e molte altre baggianate che si leggono sul web.
Esiste, invece, totale libertà nel poter esercitare l’attività di Coach e nessuno può sanzionare o vietare l’esercizio della professione perché non si è completato un percorso formativo specifico (come invece sarebbe in caso di esercizio di professione di avvocato se qualcuno la volesse esercitare senza Laurea e Abilitazione).
La verità sulla Formazione di Coaching
Non definendo queste attività, che il legislatore relega in una sola grande categoria riferita alle “Professioni non Organizzate”, lo Stato prevede altre forme di controllo, che è bene indicare per offrire informazioni corrette.
La Legge 4/2013 riconosce ai privati la possibilità di creare Associazioni di Categoria che possono ottenere l’iscrizione a un elenco pubblico messo a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico. Detto inserimento permette di assegnare l’Attestazione di Qualità e di Qualificazione professionale del servizio di Coaching, specificando che queste devono avere:
- un codice deontologico
- un programma e un processo formativo controllato
- un iter di verifica della qualità del servizio erogato tra cui la Formazione Continua Obbligatoria
- uno sportello del cittadino in base al codice del consumo.
Ecco che nella professione di Coach si inserisce un altro istituto, che se non obbligatorio per esercitare la professione, contribuisce a darne valore, creando chiarezza, ordine e migliorando la tutela del cittadino. Ne deriva che a loro volta, le Associazioni di Categoria possono riconoscere Enti Formativi che presentino programmi di formazione aderenti ai loro standard codificati, creando una filiera di riconoscimenti a garanzia della qualità dell’erogazione del servizio.
Diventa dunque possibile per il Professionista che abbia rispettato il percorso formativo previsto dal regolamento dell’Associazione Professionale di riferimento e che sia dunque Riconosciuto, utilizzarne il nome o il logo nel proprio materiale pubblicitario e informativo, mentre chi ne facesse uso senza averne titolo violerebbe anche in questo caso i principi stabiliti dalla Legge 4/2013.
Per concludere, chi intende avviare l’attività professionale di Coach non ha l’obbligo di seguire una specifica Formazione Professionale, con un determinato numero di anni, di ore di formazione. Deve attenersi altresì ai diversi dettami delle Associazioni di Categoria Professionale.
Tuttavia rimane l’invito a non lasciarsi fuorviare dalle offerte formative di “scuole” e “accademie” che promettono l’attribuzione di un diploma o una qualifica professionale al termine del percorso di formazione, necessaria per lavorare.
Tale riconoscimento ha esclusivamente valore privato e, se può essere necessario per poter utilizzare il nome di un’Associazione di Categoria, non è in nessun caso necessario per poter esercitare l’attività di lavoro autonomo.
Leggete, formatevi e… condividete! É l’unico modo che potrà favorire una buona informazione e un vero cambiamento nella Formazione di Coaching.
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