Sindrome da Tabellone? Superala subito con lo Sport Coaching!
Avete mai osservato un atleta in allenamento e poi lo stesso atleta in gara? Come si spiega l’incredibile differenza nella prestazione e nella gestione dello stress in un caso e nell’altro?
La differenza della “resa prestazionale” è uno degli argomenti più dibattuti ed interessanti in ambito sportivo!
Alcuni studi statistici affermano che in gara un atleta renda solo il 18-20% di quanto rende in sessione di allenamento. E forse la percentuale è anche sovrastimata…
Lavorare a stretto contatto con gli atleti ed il loro trainer permette ad uno sport coach di avere un quadro completo delle loro potenzialità tecniche, fisiche e mentali, della capacità di affrontare le situazioni stressogene e di moderare le interferenze (interne ed esterne), della loro competenza e consapevolezza emotiva, della spinta motivazionale e della innata propensione alla vittoria. Tuttavia, a qualsiasi livello ed in ogni disciplina sportiva, si presenta la cosiddetta Sindrome da Tabellone (o da punteggio). Tale fenomeno spiega innanzitutto il gap di performance che un atleta esprime in seduta di allenamento e in gara.
Entrando nel dettaglio:
in allenamento:
- La pressione è a livelli minimi e ben gestibili
- Il risultato conta meno della prestazione tecnico-atletica (il tennista ha interesse a memorizzare la giusta traiettoria del servizio e poco importa se la palla esca di qualche cm)
- Il margine di errore tende a coincidere con il margine di “ripetizione del gesto” (si pensi alle centinaia di start per un velocista, all’entrata in acqua per un nuotatore, al perfect swing per un golfista)
- Gli stressor – endogeni ed esogeni – influiscono in maniera molto blanda
- L’atleta difficilmente entra in contatto con emozioni non piacevoli (quali la rabbia e l’ansia)
- L’inner game tende a posizionarsi in stato di equilibrio, dal momento che in allenamento non ci si sottopone al “giudizio del se”
in gara:
- L’atleta sente aumentare il livello di pressione e – a volte – non riesce a gestirlo
- Il risultato diventa l’unico focus prestazionale
- Il margine di errore deve tendere a zero, e questo inficia l’insieme dei gesti tecnici-atletici, nonché della respirazione
- Gli stressor si amplificano e spesso – a quelli interni ed esterni – si aggiungono anche quelli “immaginari” (avere l’arbitro contro, essere perseguitato dalla sfortuna, ecc.)
- Emozioni non piacevoli prendono in sopravvento, così come l’inner game diventa ingestibile.
Gli atleti parlano di Sindrome da Tabellone riferendosi proprio al fatto che – mentre in allenamento il focus attentivo è tutto sul miglioramento tecnico del gesto, del tempo, delle sincronie e degli schemi con la squadra – in gara il tabellone ci riporta costantemente sul risultato, sul tempo che manca alla fine, sui round rimanenti, sui giri da compiere. Tutto ciò sposta l’obiettivo sul RISULTATO PURO, e non sulla singola PRESTAZIONE che permetterebbe di ottenerlo. Per abbassare questa sindrome ansiogena è necessario lavorare sul “qui ed ora” o – se si preferisce – sul “point to point”. L’atleta si riporta ai suoi livelli ottimali se affronta una situazione per volta, eliminando gli eventi pregressi e preparandosi alla propria migliore performance.
Sapere di aver vinto due set non vuol dire vincere il successivo, essere in testa a metà gara non implica tagliare il traguardo da vincitore, aver sbagliato una batteria di nuoto non vuol dire non poter recuperare nella seguente.
Ecco quindi che ci si deve slegare da una duplice trappola mentale:
- Rimanere attaccati al risultato appena ottenuto (positivo o negativo che sia)
- Spostare tutta la propria attenzione sul risultato finale (traguardo, 90 minuto, 5 set, 12 round, ecc.)
La migliore performance si ottiene sempre e solo ricordando il più classico monito di ogni allenatore: “giocare punto per punto”
Sindrome da Tabellone? Superala subito con lo Sport Coaching.
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