Chi sono i Protagonisti del processo di Coaching?
La risposta appare scontata: ovviamente i protagonisti sono il Coach e il suo Cliente! Il Coach è un professionista esperto nellʼuso di un particolare metodo. Non basta sapere qualcosa sul Coaching per poter affermare di essere un Coach; non si può improvvisare e nello stesso tempo “non si nasce Coach, ma si diventa”. Come già accennato, non si diventa un professionista del Coaching per “ illuminazione” o “intercessione divina” o sulla base di presunte ed “innate doti personali”, ma attraverso una specifica preparazione, mediante lo studio approfondito del metodo ed una costante applicazione dello stesso nella pratica. Ne deriva che per essere dei Coach non basta affermare di esserlo o scrivendolo su un biglietto da visita, su un’inserzione pubblicitaria o su una targa. Per onorare il titolo di Coach è imprescindibile lʼaver frequentato un apposito corso di formazione e conseguito le relative credenziali per iscriversi ad una Associazione di Categoria Nazionale. Tengo ad insistere su questo punto poiché sembra ormai dilagante l’abitudine, da parte di un numero crescente di persone, di dichiarare di essere dei Coach pur senza aver mai frequentato alcun corso o conseguito alcun titolo specifico. Oppure credere di potersi definire Coach semplicemente perché si è partecipato a qualche seminario. Nascono così, spontaneamente ed incontrollatamente, le figure del manager-coach, del dirigente-coach, del maestro-coach, dellʼeducatore-coach, del formatore-coach, del consulente-coach e via di seguito. Nulla di più sbagliato, di più pericoloso, di più mistificante! Purtroppo lʼimperante e deleteria tendenza ad attribuirsi dei titoli che non si possiedono è direttamente collegata a questa fase storica. Ne consegue la tendenza a considerarsi “tutti un po’ Coach” (così come una volta “tutti erano un po’ psicologi”!).
Il Coach non è un amico, non è un consigliere, non è una guida spirituale, un maestro o un guru.
Qualunque psicologo sa bene quanto possa essere assurda, fuorviante, dannosa, pericolosa la pretesa di fare lo psicologo in casa propria. La relazione di Coaching pur non essendo minimamente paragonabile ad una relazione tra psicologo/psicoterapeuta e paziente, non di meno va intesa come una semplice relazione di carattere professionale. Pretendere di instaurare relazioni di Coaching con i propri familiari e amici probabilmente non è dannoso, ma di certo risulta inutile e inefficace (provare per credere). Le ragioni sono chiare. Le relazioni familiari, di coppia, sentimentali, amicali, sono costruite sulla base di un forte legame emotivo e affettivo, sono caratterizzate dall’incontro tra mondi e culture diverse, ma soprattutto hanno una storia comune e diversa al contempo che genera inevitabilmente una serie di aspettative circa le regole e le modalità di scambio e comunicazione (per lo più implicite) tra i partecipanti.
La relazione si veste di significati peculiari.
Le esperienze pregresse, comuni e individuali, creano precedenti, i precedenti creano aspettative. Da un amico o da un familiare ci si può aspettare di ricevere amore, affetto, appoggio, consigli, comprensione ma ci si può anche aspettare di essere giudicati, criticati apertamente o palesemente ostacolati. Tali aspettative non possono che incidere negativamente sulla relazione di Coaching. Il Coach può fornire senz’altro appoggio e sostegno, ma non gli è richiesto di provare amore per i propri clienti; certamente deve comprendere l’altro ma non darà consigli né criticherà o giudicherà i clienti. Il Coach si allea con il cliente, non lo ostacola. Nello stesso tempo il Coach non è un guru, una guida, un maestro o un santone. Diffidate dei sedicenti Coach che si propongono come modelli da seguire o che presentano modelli preordinati cui conformarsi. Il Coach rispetta e valorizza l’unicità di ogni individuo, la sua facoltà di essere pienamente se stessi e di divenire ci che desidera; sostiene la capacità di scegliere autonomamente e di autodeterminare il proprio successo. Il principale protagonista) al processo di Coaching è naturalmente il Cliente.
Il Processo di Coaching contrasta la logica del deficit
È utile ribadire che il Coaching si rivolge sempre a persone “sane” che vogliono migliorare alcuni aspetti della propria vita o raggiungere specifici obiettivi. Né tanto meno è necessario possedere delle specifiche competenze psicologiche per esercitare tale professione (al limite pu essere un vantaggio, ma non certamente un obbligo). Chiunque può rivolgersi ad un Coach. Al Coach può affidarsi l’imprenditore, il libero professionista, l’impiegato, lo sportivo, il medico, l’artista, lo studente ma anche la casalinga o il giovane disoccupato. Il Cliente non deve necessariamente essere un singolo individuo, dal momento che il Coaching può essere rivolto anche a gruppi di individui (ad esempio un gruppo di lavoro, una squadra) o a sistemi complessi (per esempio le Aziende Pubbliche e Private o organizzazioni di qualsiasi natura esse siano).
Tag: I protagonisti del processo di Coaching, protagonisti nel coaching