Coaching e PNL: capire le differenze e alcune affinità per una scelta consapevole e responsabile; una cultura onesta del miglioramento personale e professionale.
Il Coaching e la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL) sono discipline diverse, anche se sempre più spesso vengono associate e proposte quasi come interscambiabili, “fuse” in un unico grande contenitore di conoscenze, competenze e abilità.
Soprattutto nel mercato della formazione di Coaching vengono proposti percorsi e programmi contaminati da elementi tipici della PNL. La ragione di questa scelta è motivata da una “presunta e insufficiente cultura di Coaching”, dall’innegabile attrazione che negli ultimi anni la parola “Coach” esercita sul mercato e da un immancabile opportunismo commerciale (tutto italiano, poiché all’estero “fusioni” di questo genere non vengono praticate).
A chi piace o può far comodo definirsi programmatore-neuro-linguistico? In quanti si definiscono correttamente Coach di PNL? Meglio abbreviare, ridurre e sintetizzare il proprio operato con la frase “sono un Coach” o, ancor peggio, “un Mental Coach”.
Per intenderci, negli Stati Uniti Richard Bandler, genio creativo della PNL, e la Society of NLP™ internazionale non confondono mai il Coaching con la PNL.
E, per giunta, se è vero che la PNL è il regno della linguistica, un uso corretto della terminologia dovrebbe essere d’interesse comune e, anzi, gli esperti di PNL dovrebbero esserne i fautori principali. Purtroppo così non è o così non è sempre.
La questione Mental Coaching affascina e fa presa sul mercato, poiché richiama il concetto di “governare la mente”, di “capire” l’altro (anche quando non dice e non manifesta apertamente), di “fare qualcosa sull’altro”, di “gestire l’altro”.
Ammesso che questa pur debole argomentazione possa trovare spazio nel mondo della vera PNL, questo non potrebbe mai accadere per il Coaching, data la centralità e il protagonismo assoluto del Cliente rispetto al Professionista. L’obiettivo del Coaching è “cedere” il protagonismo, mettere in condizione il Cliente di esprimere la sua natura più profonda e tutte le “forze del carattere” che già risiedono nel suo potenziale.
Concludendo questa breve ma essenziale puntualizzazione, parlare di “Mental Coaching” è errato poiché nessuna applicazione di tecniche di “gestione mentale” è ammessa nel Coaching (se non in maniera compatibile con l’autonomia di scelta della persona) e, in ogni caso, tale terminologia non viene contemplata nelle Norme Tecniche UNI sul Coaching professionale (nello specifico, la Norma Tecnica UNI 11601 del 2015).
Coaching e PNL: saggezza fa rima con chiarezza non con “confusione”
Fuori da una logica auto-celebrativa, da oltre venti anni Prometeo Coaching offre al mercato rigore e chiarezza. Il nostro tentativo non è quello di amplificare o demonizzare le differenze che intercorrono tra le due discipline (un buon Coach può avvalersi di svariati strumenti), ma di attuare una comunicazione che favorisca la consapevolezza che esistono delle differenze e talune affinità.
L’obiettivo è di arginare una comunicazione costantemente intrisa di confusione sul piano del significato, di quello che un professionista può fare per aiutare l’altro. Del resto, la parola “Coach” è neutra; si attribuisce a essa un significato particolare e specifico nella misura in cui vi si affianchi una terminologia corretta. Ecco che un professionista del Coaching dovrà essere opportunamente definito “Coach Professionista” (meglio se con riferimento alla legge 4/2013), mentre l’esperto in Programmazione Neuro-Linguistica potrà definirsi “Coach in PNL”.
In conclusione, differenze e affinità tra Coaching e PNL sembrano ancora più sostenibili appena s’inizia a osservare meglio le due discipline su un piano storico, metodologico e applicativo.
Definizione di PNL
La PNL viene definita e descritta in molti modi. E’ stata definita “Manuale d’Uso per il Cervello” o “software per il cervello”. In molti, inoltre, amano definire la PNL “un atteggiamento, un’attitudine, un modo di ragionare”.
La PNL studia tutti quei processi che l’essere umano è in grado di mettere in atto per modificare (programmazione) i propri pensieri, stati d’animo e azioni attraverso l’uso dei sistemi neuronali (neuro), sui quali si può intervenire con l’uso di tecniche linguistiche e conversazionali (linguistica).
Coaching e PNL: la prima differenza
La prima differenza tra Coaching e PNL attiene all’impostazione metodologica. Il Coaching, ricordiamolo, è un “metodo” (un metodo è l’insieme dei procedimenti messi in atto per ottenere uno scopo o determinati risultati). Il termine, in greco, è composto dalle particelle metà (oltre) e hodòs (cammino). Questo presuppone la sussistenza di un modello puntualmente replicabile all’interno della relazione. La PNL, invece, è un insieme di tecniche e presupposti generali, seguiti da esercizi pratici sull’uso delle stessi.
PNL: nascita, storia ed evoluzione
Sono stati due statunitensi, Bandler e Grinder, a iniziare nei primi anni ‘70 un processo di osservazione delle metodologie applicate e dei comportamenti attuati da alcuni psicoterapeuti di fama mondiale, come Fritz Perls, Milton Erickson, Virginia Satir, con l’obiettivo di duplicare, replicare e ritrasmettere la loro efficacia.
Dal processo di osservazione nacque una sequenza di passaggi utili a ottenere il “modellamento del comportamento” dei migliori psicologi, i più bravi ad ottenere dei risultati straordinari con i pazienti, con una convinzione sottesa: “Se quella persona lo può fare, è possibile replicare il suo modo di agire!”.
Il Dott. Richard Bandler, genio creativo della PNL, sostiene che il cervello può apprendere velocemente qualsiasi cosa, per cui è sufficiente dargli gli stimoli giusti per ottenere un migliore ed efficace funzionamento della mente, generando risultati eccellenti.
Utilizzando Erickson come esempio, i fondatori della PNL “modellarono” i suoi comportamenti fino a un grado di precisione incredibile: annotarono tutto, dal tipo di scarpe all’abbigliamento, cosa fumava, il genere di sedia su cui sedeva, le contrazioni muscolari del suo naso… fino a quando non ebbero un quadro millimetrico del soggetto e di quello che faceva. Ma ciò che più di ogni altra cosa fece la differenza nell’osservazione del modello di Erickson fu l’uso del suo linguaggio: da tale processo nacquero il Milton Model e l’uso in PNL dell’Ipnosi Ericksoniana.
In realtà la PNL è definita come “il distillato della migliore saggezza inconscia dei migliori comunicatori degli ultimi 40 anni”, mescolato con altre tecniche per rendere veloce ed efficace il cambiamento, o meglio, quello che una persona vuole ottenere nel suo futuro.
Naturalmente, la descrizione di una disciplina che ha messo radici in tutto il mondo non è di così rapida esecuzione.
Lo scopo di questa velocissima “carrellata” sull’essenza e le origini della PNL non mira a un’esaustiva disamina di questa disciplina, ma intende cogliere immediatamente differenze e affinità tra Coaching e PNL, fin dai loro presupposti e dai primi approcci.
Alcuni presupposti della PNL, ad esempio, contengono in modo evidente l’essenza già descritta, la possibilità di “copiare” un certo comportamento efficace, secondo l’assunto che “se qualcuno può fare qualcosa, chiunque altro può impararlo e replicarlo”, ripetendone la sequenza logica, le modalità di comunicazione a tutti i livelli, le stesse strategie.
Anche la PNL, come il Coaching, considera ogni individuo unico. Sostiene altresì che egli vada rispettato per le sue caratteristiche personali, le sue convinzioni e i suoi valori: “la sua mappa del mondo”.
Quindi, per alcuni versi la PNL considera gli individui “unici”, ma prende in considerazione la possibilità (e la conseguente scelta) di adottare strategie e comportamenti generati da altri, potendo, questi ultimi, essere separati dagli individui stessi.
A tal proposito, è utile specificare che da più parti è stato acclarato che una persona è qualcosa di più dei suoi comportamenti e delle sue strategie in risposta agli stimoli interni ed esterni.
La PNL non nega tale presupposto. Infatti, c’è da riconoscere in maniera altrettanto chiara che la PNL sostiene un assunto innegabile: modificando i propri pensieri mediante l’adozione di processi neurologici simili a quelli di persone di successo, un individuo acquisisce la possibilità di cambiare il proprio stato d’animo e quindi i propri comportamenti, generando risultati diversi e maggiormente utili. Non perde la sua unicità, ma acquisisce nuove opportunità comportamentali.
Il Coaching considera ogni individuo unico, inimitabile, ovvero sollecita l’esatto contrario dell’imitazione di altri, poiché si fonda sulla scoperta interna delle proprie (uniche e irripetibili) risorse, potenzialità, capacità per formulare desideri e obiettivi.
In PNL vi è un’esplorazione, una mappatura delle strategie eccellenti, allo scopo di scoprirne i meccanismi che portano ad attivarle, per poter replicare gli stati d’animo e i comportamenti attraverso i quali l’individuo lavora al meglio. E’ possibile anche attuare un “design” delle strategie, al fine di rimuovere comportamenti ridondanti o poco funzionali.
Coaching: molte differenze, poche affinità (difficili da scovare)
Per un Coach Professionista è meglio considerare la PNL come qualcosa da utilizzare alla bisogna, uno strumento da tener chiuso in una cassetta degli attrezzi e utilizzato in situazioni specifiche.
Infatti, se si pensa all’estrema complessità della biochimica delle emozioni, delle esperienze, dell’unicità genetica di ogni essere umano su cui il Coaching affonda le sue premesse, si può facilmente intuire che la PNL e il Coaching non sono interscambiabili.
Precisiamo, a tal proposito, che il fatto che non siano interscambiabili significa semplicemente che occorre riconoscerne la diversità e la possibilità di una convivenza armoniosa, anche attraverso l’applicazione di tecniche di PNL (alcune, non tutte!) che non snaturano il metodo del Coaching, poiché organizzate, utilizzate e inserite in contesti specifici e appropriati.
L’obiettivo di una persona che utilizza la PNL, infatti, è di usare sistemi che si sono rivelati vincenti “per altri, su altri, da parte di altri, con l’aiuto di altri, o (al massimo) con se stessi”. Nel Coaching la persona autodetermina i propri obiettivi e, per raggiungerli, utilizza esclusivamente piani d’azione autodeterminati, sfruttando le personali potenzialità.
Il Coaching è orientato non solo a far rimanere la persona se stessa e a far maturare una maggiore consapevolezza di sé, ma a circoscrivere i comportamenti attuabili a quelli generati dalla mente e dalle scelte della persona stessa. Insomma, esclude la possibilità di trarre e utilizzare strategie altrui.
Inquadrato in questa logica, possiamo considerare il Coaching un intervento non terapeutico, in cui la relazione si sviluppa come “conversazione” finalizzata a raggiungere obiettivi di valore, trovare il meglio di sé, allenare la parte potenziale e non ancora espressa dalla persona. In questo senso, per il Coach non esiste alcun “modello teorico del successo” con cui rapportarsi; ogni persona va ascoltata con sue personali modalità, contenuti, aspirazioni del tutto diverse da quelle altrui e altrettanto valide.
Nel Coaching, quindi, non esistono interpretazioni, non si va a ritroso nel passato della persona in maniera trasversale e incauta (sfociando, evidentemente, in una pratica psicologica). Il modello relazionale, inoltre, non è mai direttivo e/o prescrittivo, al contrario stimola l’autonomia, l’autodeterminazione e il protagonismo del Cliente.
E proprio sulla costruzione del futuro desiderato la PNL svolge una delle sue migliori “funzioni di affinità” con il Coaching. L’applicazione di alcuni strumenti di attivazione multisensoriale, di gestione dello stato d’animo e di creazione di stati funzionali, tratti dalle migliori tecniche di PNL, sono solo alcuni esempi di come Coaching e PNL possono convivere e, anzi, sostenersi, senza invadere i reciproci campi di azione e senza abbeverarsi alla fonte della “Coaching Confusione”. In questo caso, proprio come avviene per gli esseri umani, la diversità è un valore.
Nella nostra Scuola di Coaching cerchiamo di insegnare ai Coach Professionisti la differenza che intercorre tra le due discipline con l’obiettivo di dare a entrambe la giusta collocazione storica, culturale e metodologica.
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