Nell’arco della mia professione di Consulente aziendale (e sono passati ormai già 15 anni) mi sono sempre interessato ai “modelli” e ai “sistemi”, intesi come applicazione di una metodologia ben chiara e definita.
Da quando ho iniziato ad approfondire i temi del Coaching, non posso fare a meno di riscontrare quanto il “Coaching e la Qualità” abbiano in comune delle solide basi.
- Il Coaching (come la qualità) è una attività ripetibile, un modello replicabile
- Il Coaching (come la qualità) indica come si fanno le cose, e non cosa si fa
- Il Coaching (come la qualità) ragiona per obiettivi e programmi
- Il Coaching (come la qualità) presuppone un cambiamento
- Il Coaching (come la qualità) implica che vi sia una “funzione di presidio”
- Il Coaching (come la qualità) orienta verso un “miglioramento”
Se aggiungo che da ex giocatore ed istruttore di tennis sono compiaciuto che il Coaching è sostanzialmente nato proprio nel mio sport, come profonda analisi dell’Inner Game, devo dire che il “cerchio è completo”.
Naturalmente la simpatica “forzatura” del binomio Qualità – Coaching è in verità un fatto molto stimolante per chi, come me, ha sempre visto le cose in una prospettiva unicamente aziendalistica.
Abituati a ragionare sul diagramma di Gantt, sul Ciclo di Deming, su indicatori e matrici molto dettagliate, noi consulenti abbiamo perso progressivamente di vista il punto nodale e siamo pian piano scivolati nell’errore più grave: dare noi gli “obiettivi”!!
In realtà (e qui il Coaching è disciplina principe…) gli obiettivi deve già averli l’azienda, la Direzione, il Manager; noi Consulenti dovremmo svolgere una più “classica” funzione di presidio ed accompagnamento lungo un “path”.
Tendiamo cioè a diventare noi stessi l’azienda e a gestirla come se avessimo interessi di qualche natura…
Lo studio della metodologia di Coaching mi ha aiutato moltissimo proprio in questo; nel ridefinire cioè il mio ruolo nei confronti del “cliente”. Ascoltare, …ascoltare e di nuovo ascoltare!!
Nel percorso di formazione che ho svolto, per diventare un Coach Professionista, ho avuto modo di mettere a fuoco alcuni errori di approccio madornali ma divenuti oramai un “mio modo di fare” (e della quasi totalità dei miei colleghi consulenti).
Quelli che ho subito individuato sono i seguenti:
- Errore 1 – porre obiettivi di risultato e non di performance
- Errore 2 – parlare “per” il cliente e non “con” il cliente
- Errore 3 – tracciare il percorso e non accompagnare lungo il percorso
- Errore 4 – non focalizzare le singole potenzialità.
Possono sembrare meri errori strategici, ma sono l’esatto opposto di quanto ci insegna il Coaching. Aziende ed imprenditori (tranne rarissime eccezioni) sanno benissimo dove andare, come, in quanto tempo e con quali risorse, ma il consulente si sente sempre “obbligato” a dare il proprio imprinting ad ogni idea e proposta.
È una vera e propria ansia da prestazione, che come tale produce stress ed allontana dall’identificazione dei percorsi che sono e devono restare sempre e solo del cliente.
Ecco… questo è stato l’insegnamento più bello che ho tratto dalla Scuola di Coaching di Prometeo Coaching: avere l’umiltà di saper ascoltare e lasciare che il cliente indichi la Stella Polare per continuare a seguirla.
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